Vangelo Gv 20, 19-31- II DOMENICA DI PASQUA, Anno C - "della Divina Misericordia", con i Padri della chiesa
II DOMENICA DI PASQUA "della Divina Misericordia"
Vangelo: Gv 20, 19-31
Otto giorni dopo
venne Gesù.
Dal Vangelo secondo Giovanni
+Gv 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse
le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne
Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le
mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro
di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto
questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui
perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro
quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il
Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi
e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo
fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e
c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e
disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le
mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo,
ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse:
«Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno
creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non
sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché
crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la
vita nel suo nome.
Tommaso, modello di fede per noi
"Ma Tommaso, uno dei Dodici,
chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù" (Jn 20,24). Questo discepolo fu l’unico
assente; al suo ritorno sentì ciò che era avvenuto, ma non volle credere a quel
che aveva udito. Il Signore ritornò e presentò al discepolo incredulo il
costato perché lo toccasse, mostrò le mani e, facendo vedere le cicatrici delle
sue ferite, sanò la ferita della sua infedeltà. Cosa, fratelli carissimi, cosa
notate in tutto ciò? Credete dovuto a un caso che quel discepolo fosse allora
assente, e poi tornando udisse, e udendo dubitasse, e dubitando toccasse, e
toccando credesse? Non a caso ciò avvenne, ma per divina disposizione. La
divina clemenza mirabilmente stabilì che quel discepolo incredulo, mentre
toccava le ferite nella carne del suo Maestro, sanasse a noi le ferite
dell’infedeltà. A noi infatti giova più l’incredulità di Tommaso che non la
fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla
fede, l’anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede.
Certo, il Signore permise che il discepolo dubitasse dopo la sua risurrezione,
e tuttavia non lo abbandonò nel dubbio... Così il discepolo che dubita e tocca
con mano, diventa testimone della vera risurrezione, come lo sposo della Madre
(del Signore) era stato custode della perfettissima verginità.
[Tommaso] toccò, ed esclamò: "Mio
Signore e mio Dio! Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto"
(Jn 20,28-29). Quando l’apostolo Paolo
dice: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle
che non si vedono" (He 11,1), parla chiaramente, perché
la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Infatti delle cose
che si vedono non si ha fede, ma conoscenza (naturale). Dal momento però che
Tommaso vide e toccò, perché gli viene detto: "Perché mi hai veduto,
hai creduto?" Ma altro vide, altro credette. Da un uomo mortale certo
la divinità non può essere vista. Egli vide dunque l’uomo, e confessò che era
Dio, dicendo: "Mio Signore e mio Dio"! Vedendo dunque credette,
lui che considerando (Gesù) un vero uomo, ne proclamò la divinità che
non aveva potuto vedere.
Riempie di gioia ciò che segue: "Beati
quelli che non hanno visto, e hanno creduto" (Jn 20,29). Senza dubbio in queste
parole siamo indicati in special modo noi che non lo abbiamo veduto nella carne
ma lo riteniamo nell’anima. Siamo indicati noi, purché accompagniamo con le
opere la nostra fede. Crede veramente colui che pratica con le opere quello che
crede. Al contrario, per quelli che hanno la fede soltanto di nome, Paolo
afferma: "Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti"
(Tt 1,16). E Gc aggiunge: "La
fede senza le opere è morta" (Jc 2,26).
(Gregorio Magno, Hom.
26, 7-9)
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Nuova creatura in Cristo. Rivolgo la mia parola a voi, bambini appena nati, fanciulli in Cristo, nuova prole della Chiesa, grazia del Padre, fecondità della Madre, pio germoglio, sciame novello, fiore del nostro onore e frutto della nostra fatica, mio gaudio e mia corona, a voi tutti che siete qui saldi nel Signore.
Mi rivolgo a voi
con le parole stesse dell'apostolo: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non
seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13, 14), perché vi rivestiate, anche
nella vita, di colui del quale vi siete rivestiti per mezzo del sacramento.
«Poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
Non c'è più Giudeo, né Greco; non c'è più schiavo, né libero; non c'è più uomo,
né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 27-28).
In questo sta
proprio la forza del sacramento. E' infatti il sacramento della nuova vita, che
comincia in questo tempo con la remissione di tutti i peccati, e avrà il suo
compimento nella risurrezione dei morti. Infatti siete stati sepolti insieme
con Cristo nella morte per mezzo del battesimo, perché, come Cristo è
risuscitato dai morti, così anche voi possiate camminare in una vita nuova
(cfr. Rm 6, 4).
Ora poi camminate
nella fede, per tutto il tempo in cui, dimorando in questo corpo mortale, siete
come pellegrini lontani dal Signore. Vostra via sicura si è fatto colui al
quale tendete, cioè lo stesso Cristo Gesù, che per voi si è degnato di farsi
uomo. Per coloro che lo temono ha riservato tesori di felicità, che effonderà
copiosamente su quanti sperano in lui, allorché riceveranno nella realtà ciò
che hanno ricevuto ora nella speranza.
Oggi ricorre
l'ottavo giorno della vostra nascita, oggi trova in voi la sua completezza il
segno della fede, quel segno che presso gli antichi patriarchi si verificava
nella circoncisione, otto giorni dopo la nascita al mondo. Perciò anche il
Signore ha impresso il suo sigillo al suo giorno, che è il terzo dopo la
passione. Esso però, nel ciclo settimanale, è l'ottavo dopo il settimo cioè
dopo il sabato, e il primo della settimana. Cristo, facendo passare il proprio
corpo dalla mortalità all'immortalità, ha contrassegnato il suo giorno con il
distintivo della risurrezione.
Voi partecipate
del medesimo mistero non ancora nella piena realtà, ma nella sicura speranza,
perché avete un pegno sicuro, lo Spirito Santo. «Se dunque siete risorti con
Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di
Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete
morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si
manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui
nella gloria» (Col 3, 1-4).
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 8 nell'ottava di Pasqua 1, 4; Pl 46, 838. 841)
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La sera di quello
stesso giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli, per paura dei Giudei, venne Gesù e si fermò in
mezzo e disse loro: Pace a voi! E detto questo, mostrò le mani e il costato. I
chiodi avevano trafitto le sue mani, la lancia gli aveva aperto il costato, ed
erano rimaste le tracce delle ferite per guarire il cuore dei dubbiosi. E le
porte chiuse non impedirono l'entrata di quel corpo in cui abitava la divinità.
Colui che nascendo aveva lasciato intatta la verginità della madre, poté
entrare nel cenacolo a porte chiuse. E i discepoli gioirono nel vedere il
Signore. E Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi (Gv 20, 18-21)! Rinnovando il
saluto conferma il suo dono: cioè egli dona pace su pace, come era stato
promesso per mezzo del profeta (Is 26, 3). Come il Padre ha mandato me, -
aggiunge - così io mando voi. Già sapevamo che il Figlio è uguale al Padre; ma
qui noi riconosciamo le parole del mediatore. Egli si presenta, infatti, come
mediatore, in quanto dice: Egli ha mandato me e io mando voi. E detto questo,
alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. Alitando su di loro, vuol
significare che lo Spirito Santo non è soltanto del Padre, ma anche suo. A chi
rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti (Gv
20, 21-23). La carità, che per mezzo dello Spirito Santo viene riversata nei
nostri cuori, rimette i peccati di coloro che fanno parte della comunità
ecclesiale; ritiene invece i peccati di coloro che non ne fanno parte. E' per
questo che conferì il potere di rimettere o di ritenere i peccati subito dopo
aver detto: Ricevete lo Spirito Santo.
Tommaso, uno
dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero
allora gli altri discepoli: Abbiamo veduto il Signore! Ma egli disse loro: Se
non vedo nelle sue mani il foro dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo
costato, non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa, e
c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, e si fermò nel mezzo,
e disse: Pace a Voi! Poi dice a Tommaso: Poni qui il tuo dito, e vedi le mie
mani; e porgi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere incredulo ma
credente! Gli rispose Tommaso: Signore mio e Dio mio! Vedeva e toccava l'uomo,
ma confessava Dio che non vedeva né toccava. Attraverso ciò che vedeva e
toccava, rimosso ormai ogni dubbio, credette in ciò che non vedeva. Gesù gli
dice: Hai creduto, perché mi hai veduto. Non gli dice: perché mi hai toccato,
ma perché mi hai veduto; poiché la vista è come un senso che riassume tutti gli
altri. Infatti nominando la vista siamo soliti intendere anche gli altri
quattro sensi, come quando diciamo: Ascolta e vedi che soave melodia, aspira e
vedi che buon odore, gusta e vedi che buon sapore, tocca e vedi come è caldo.
Sempre si dice "vedi", anche se vedere è proprio degli occhi. E' così
che il Signore stesso dice a Tommaso: Poni qui il tuo dito e vedi le mie mani.
Gli dice: Tocca e vedi, anche se Tommaso non aveva certo gli occhi nelle dita.
Dicendo: Hai creduto perché hai veduto, il Signore si riferisce sia al vedere
che al toccare. Si potrebbe anche dire che il discepolo non osò toccarlo,
sebbene il Signore lo invitasse a farlo. L'evangelista infatti non dice che
Tommaso lo abbia toccato. Sia che lo abbia soltanto guardato, sia che lo abbia
anche toccato, ha creduto perché ha veduto; e perciò il Signore esalta e loda,
a preferenza, la fede dei popoli, dicendo: Beati quelli che pur non vedendo,
avranno creduto! (Gv 20, 24-29). Usa il tempo passato, in quanto egli
considera, nella predestinazione, come già avvenuto ciò che sarebbe avvenuto
nel futuro. Ma questo discorso si è già prolungato abbastanza; il Signore ci
concederà di commentare il seguito in altra occasione.
(Dai "Trattati su Giovanni" di sant'Agostino, vescovo
121, 4-5)
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In un passo lo
stesso Signore stima superiori a quelli che vedono, e quindi credono, coloro
che pur non vedendo credono. In effetti a quel tempo la fede dei discepoli del
Cristo era talmente vacillante che, pur vedendolo già risorto, per credere alla
sua risurrezione, ritennero necessario anche di toccarlo. Non bastava che lo
vedessero con gli occhi se non avessero accostato anche le mani alle sue membra
e non avessero toccato anche le cicatrici delle ferite recenti; in tal modo il
discepolo che dubitava, dopo aver toccato e riconosciuto le cicatrici, subito
esclamò: Signore mio e Dio mio! Le cicatrici rendevano manifesto Colui che
aveva guarito in altri tutte le ferite. Il Signore non poteva forse risorgere
senza cicatrici? Sì, ma egli conosceva le ferite nel cuore dei discepoli, e al
fine di guarirle egli aveva conservato le cicatrici nel suo corpo. E che
rispose il Signore al discepolo che ormai dichiarava ed esclamava: Mio Signore
e mio Dio? Tu hai creduto - disse - perché hai visto: beati quelli che credono
senza vedere. Di chi parlava, fratelli, se non di noi? Non di noi soli, ma
anche dei nostri posteri. In effetti, poco tempo dopo che si allontanò dagli
occhi mortali perché fosse rafforzata la fede nei cuori, tutti quelli che han
creduto lo hanno fatto senza vedere e la loro fede ha avuto un gran merito; per
avere questa fede accostarono solo il cuore pieno di religioso rispetto verso
Dio, ma non anche la mano per toccare.
(Dai
"Discorsi" di sant'Agostino, vescovo 88, 2)
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I discepoli videro
il Signore e furono pieni di gioia, perché come fa piacere la luce dopo il buio
e il bel tempo dopo la fosca caligine dell'uragano, cosi la gioia conforta dopo
la tristezza.
Gesù augura ai
suoi la pace e ripete quell'annunzio due volte. Con il primo saluto egli
trasfonde quiete nei loro sentimenti e con il secondo esprime la volontà di
vedere regnare sempre la pace tra i suoi discepoli.
Gesù sa bene che
più tardi si farà un gran discutere sul ritardo della sua venuta; gli uni si
rattristeranno di aver dubitato, gli altri potranno vantarsi della fermezza
della loro fede.
Per tagliar corto
alla vana superbia di questi e all'incertezza di quelli, il Maestro previene
gli eventuali conflitti formulando il suo desiderio di pace: lui sa che tali
problemi nascono dai fatti e non dai discepoli. Gesù non vuole evitare che i
suoi si accusino a vicenda di quello che lui, il solo offeso, ha già perdonato.
Pietro rinnega,
Giovanni fugge, Tommaso dubita e gli altri abbandonano Gesù. Dando la sua pace,
il Signore taglia corto a future dispute tra i discepoli. Senza il dono della
pace, ad esempio, gli altri avrebbero potuto rifiutare a Pietro il diritto al
primato, poiché il rinnegamento aveva di che farlo retrocedere all'ultimo posto
nel gruppo apostolico.
Gli altri
discepoli annunziarono a Tommaso. "Abbiamo visto il Signore!". Ma
egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non
metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non
crederò ".
Perché Tommaso
esige quelle prove? Perché tanto amore verso il suppliziato e tanta durezza
verso il risorto? Perché riapre per amore le piaghe inferte dall'odio? Per
quale ragione la sua mano pia e obbediente cerca di squarciare ancora il
costato trafitto dall'empia lancia del soldato?
Come mai la sua
curiosità affettuosa rinnova i dolori inflitti dalla furia dei persecutori?
Perché la ricerca del discepolo provoca il Signore a gemere, Iddio a patire, il
medico celeste a sanguinare?
La potenza del
diavolo crolla, il carcere infernale si spalanca e le catene dei morti si
spezzano, perché la morte del Signore ribalta i sepolcri e la sua risurrezione
muta totalmente la condizione dei mortali.
Il Signore stesso
rotolò la pietra dalla tomba e slegò le bende mortuarie. La morte fuggì davanti
alla gloria di Cristo risorto; la vita ritorna, la carne si ridesta per non
conoscere mai più il trapasso.
Perché solo tu,
Tommaso, investigatore troppo guardingo, chiedi di vedere soltanto le cicatrici
come prova di fede? Se dal corpo di Cristo le piaghe fossero scomparse, avresti
fatto correre un tremendo pericolo alla fede, con quel tuo indebito voler
renderti conto. Avevi proprio bisogno di mettere la mano nel fianco trafitto
dalla crudeltà dei Giudei? Non c'erano altre prove della risurrezione del
Signore e del suo amore?
Considerate
piuttosto, fratelli, che le richieste e le esigenze di Tommaso nascono
dall'affetto e dalla dedizione, affinché in futuro non possano più sussistere
dubbi sulla risurrezione.
Tommaso non placa
soltanto l'inquietudine del suo cuore, ma anche quella di tutti gli umani.
Prima di partire per predicare alle genti, Tommaso, da servo zelante. Cerca una
base solida per una fede tanto misteriosa.
Negli
interrogativi dell'Apostolo vediamoci uno sguardo prudente gettato sul futuro
più che dubbio e scetticismo. Come infatti Tommaso avrebbe potuto sapere che le
ferite di Cristo sarebbero rimaste a riprova della risurrezione se
un'ispirazione profetica non lo avesse preavvisato?
Il Signore aveva
concesso spontaneamente agli altri discepoli quello che Tommaso ora deve
implorare: infatti quando era apparso la prima volta, Gesù aveva mostrato le
mani e il costato trafitti.
Venne Gesù a porte
chiuse. I discepoli potevano a ragione prenderlo per uno spirito, ma i segni e
le cicatrici della passione provano a questi increduli che si tratta proprio di
lui.
Gesù dice a
Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e
mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente! Riapri le
ferite da cui sono sgorgati l'acqua del perdono e il sangue della redenzione,
perché ne zampilli la fede sul mondo intero".
Tommaso allora
esclama: Mio Signore e mio Dio! Ascoltino i miscredenti e non siano più
increduli, ma credano, come invita il Signore. Infatti la risposta di Tommaso
non manifesta soltanto la presenza corporea di Gesù, ma attraverso le
sofferenze del suo corpo attesta ch'egli è Dio e Signore.
Veramente è Dio
colui che è risuscitato dai morti e dopo tali ferite e tale strazio vive e
regna nei secoli dei secoli. Amen.
(Dai
"Discorsi" di san Pietro Crisologo, Sermo 84. PL 52,437‑440).
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Sii credente, e
sii mio apostolo
“Metti il dito nel
posto dei chiodi”. Mi cercavi quando io non c’ero, ora approfitta della mia
presenza. Io conosco il tuo desiderio nonostante il tuo silenzio. Prima che tu
me lo dica, io so quel che pensi. Ti ho sentito parlare e, pur invisibile, ero
vicino a te, vicino ai tuoi dubbi; senza farmi vedere, ti ho fatto aspettare,
per scrutare meglio la tua impazienza. “Metti il dito nel posto dei chiodi; e
non essere più incredulo ma credente”.
Allora Tommaso lo
tocca, e s’infrange tutta la sua diffidenza; pieno di una fede sincera e di
tutto l’amore dovuto al suo Dio, grida: “Mio Signore e mio Dio!” E il Signore
gli dice: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo
visto crederanno”. Tommaso, porta la novella della mia risurrezione a coloro
che non mi hanno visto. Porta tutta la terra a credere non a quello che vede,
bensì alla tua parola. Percorri i popoli e le città lontane. Insegna loro a
portare la croce sulle spalle invece delle armi. Non fare null’altro che
annunciare me: crederanno e mi adoreranno. Non esigeranno altra prova. Di’ loro
che sono chiamati per grazia, e tu, contempla la loro fede: Beati, in verità,
coloro che pur non avendo visto hanno creduto!
Tale è l’esercito
che arruola il Signore; tali sono i figli del fonte battesimale, le opere della
grazia, la messe dello Spirito. Hanno seguito Cristo, pur senza averlo visto,
l’hanno cercato e hanno creduto. L’hanno riconosciuto con gli occhi della fede,
non con quelli del corpo. Non hanno messo il dito nel posto dei chiodi, ma si
sono attaccati alla sua croce e hanno abbracciato le sue sofferenze. Non hanno
visto il costato del Signore ma, per la grazia, si sono uniti alle sue membra e
hanno fatto propria questa parola del Signore: “Beati coloro che pur non avendo
visto hanno creduto!”
(Basilio di
Seleucia -circa 468-, vescovo Omelie per la Risurrezione, 1-4)
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Oggi i discepoli
vedono Cristo risorto dai morti e questa nuova apparizione rafforza la loro
fede nella risurrezione. Gesù entra a porte chiuse: colui che ha smantellato la
muraglia infernale sa entrare nonostante gli usci sprangati, perché la volontà
di Dio sospende le leggi della natura. Ancora ieri Gesù camminava sulle acque,
senza che l'elemento liquido cedesse sotto i suoi piedi; egli calcava i flutti
del mare che per lui diventava duro come il suolo. Gesù entra mentre le porte
sono sbarrate. Eppure al momento della risurrezione rotolò la pietra tombale e
aprì l'entrata del sepolcro. Così diventava manifesto che l'inferno subiva
invisibilmente la medesima sorte della tomba visibile. Dal sepolcro aperto si
arguiva che ben più demolite erano state le porte della morte. Bisognava che la
tomba fosse spogliata al pari dell'inferno e il visibile apparisse abbandonato
come l'invisibile. Quelli che dubitavano della risurrezione restano stupefatti
al vedere Gesù che entra a porte chiuse. Questo nuovo prodigio è per essi la
garanzia tangibile dell'altro miracolo.
Cristo entra nella
casa ove si erano nascosti gli apostoli e appare loro a porte chiuse. Ma
Tommaso, che non era presente, non ci crede; desidera vedere Gesù con i propri
occhi e rifiuta i racconti dei compagni. Si tura gli orecchi perché vuole
aprire gli occhi. Lo divora l'impazienza, quando pronunzia queste parole: Se
non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato,
non crederò. Troppo esigente per credere, Tommaso vomita fuori diffidenza,
sperando di procurarsi un'apparizione di Gesù. E' come se dicesse: I miei dubbi
svaniranno soltanto quando lo vedrò. Metterò il dito nei segni dei chiodi e
abbraccerò il Signore che tanto sospiro. Rimproveri pure la mia incredulità, ma
mi lasci contemplarlo. Se non credo, si farà vedere da me, e quando lo
stringerò crederò e godrò della sua presenza. Voglio vedere quelle mani
trafitte che hanno guarito le mani scellerate di Adamo. Io voglio vedere quel
petto che ha espulso la morte dal nostro petto. Voglio essere un testimone
oculare del Signore, e non basarmi solo su testimonianze altrui. Il vostro
racconto esaspera la mia brama, ma anche inasprisce il mio dolore. Il mio male
guarirà, quando stringerò il farmaco fra queste mie mani. Gesù riappare allora
otto giorni dopo e dissipa la tristezza e l'incredulità del discepolo. Non
sopprime soltanto il dubbio di Tommaso, ma colma la sua attesa. Il Signore
entra nella casa, quando le porte sono sprangate, e conferma a Tommaso
l'incredibile miracolo della risurrezione con una incredibile apparizione. Gli
dice: "Metti il dito nel posto dei chiodi. Mi cercavi, quando non ero
presente; approfitta ora. Conosco la tua brama, anche se taci. Prima che tu
parli, so quel che pensi. Udii le tue parole e, anche se invisibile. ti stavo
accanto. Anche se non mi mostravo, ero vicino ai tuoi dubbi; senza farmi
vedere, davo tempo alla tua incredulità, in attesa del tuo desiderio. Metti il
tuo dito nel posto dei chiodi e stendi la tua mano nel mio costato e non essere
incredulo, ma credente". Tommaso lo tocca, la diffidenza gli cade e,
infiammato da fede sincera e da un amore degno di Dio, esclama: Mio Signore e
mio Dio! E il Signore a lui: Perché mi hai veduto. hai creduto: beati quelli
che pur non avendo visto crederanno!
"Tommaso!
Porta l'annunzio della mia risurrezione a quelli che non l'hanno vista; attira
la terra intera, perché creda non per aver visto ma per aver ascoltato la tua
parola. Percorri popoli e città barbare, insegna loro a cingersi della croce e
non delle armi. Basterà che tu predichi: quelli crederanno e mi adoreranno
senza esigere altre prove. Dì loro che sono chiamati per grazia, e contempla la
loro fede: Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!
Questo è
l'esercito che ormai recluta il Signore, questi sono i figli dell'abluzione
spirituale, opera della grazia, messe dello Spirito. Essi hanno seguito Cristo
senza averlo visto, ma l’hanno cercato e hanno creduto. L’hanno riconosciuto
con gli occhi della fede, non con quelli dei corpo. Non misero le dita nel
posto dei chiodi, ma si sono attaccati alla croce e hanno abbracciato la
passione di Cristo. Non contemplarono il suo costato trafitto, ma per grazia si
sono uniti alle sue membra, confermando in se stessi la parola del Signore:
Beati quelli che pur non avendo visto crederanno.
(Dal Discorso
sulla Pasqua di san Basilio di Seleucia. In sanctum Pascha, 2-4. PG 28,1083-1086)
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Porgo ascolto al
Signore e credo alle cose che sono state scritte. Perciò so che, subito dopo la
risurrezione, Cristo spesso si offrì in corpo alla vista di molti ancora
increduli. E precisamente si fece vedere a Tommaso, che non voleva credere se
non avesse potuto toccare con mano le sue ferite, così come disse: Se non vedo
nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e
non metto la mia mano nel suo costato, non crederò. Il Signore si adatta alla
nostra debole mente e, per chiarire i dubbi di chi non riesce a credere, opera
un miracolo caratteristico della sua invisibile potenza.
Tu che indaghi
minuziosamente le realtà celesti, chiunque tu possa essere, spiegami il modo
con cui avviene questo fatto. I discepoli erano in un ambiente chiuso e tutti
quanti insieme tenevano una riunione in un luogo appartato. Ed ecco il Signore,
per rendere ferma la fede di Tommaso, accetta la sfida, si presenta e offre la
possibilità di palpare il suo corpo, di toccare con mano la sua ferita.
Naturalmente, poiché doveva essere riconosciuto per le sue ferite, egli dovette
mostrarsi con il corpo che aveva ricevuto le ferite.
All'incredulo io
domando attraverso quali parti dell'abitazione che era chiusa, Cristo, dotato
di corpo com'era, poté penetrare. Con molta precisione l'Evangelista annota
infatti: Venne Gesù a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro. Forse che,
penetrando nella struttura delle pareti e nella compattezza delle parti in
legno, attraversò la loro natura impenetrabile? Infatti, eccolo lì in mezzo a
loro con un corpo reale, non sotto apparenze simulate o false.
Segui, dunque, con
gli occhi della tua mente la via battuta da lui nel penetrare, accompagnalo con
la vista dell'intelletto mentre entra nell'abitazione chiusa.
Tutte le aperture
sono intatte e sbarrate, ma ecco compare in mezzo colui al quale tutto è
accessibile in virtù della sua potenza. Tu vai cavillando sui fatti invisibili,
io a te domando la spiegazione di fatti visibili. Non viene meno in alcun modo
la compattezza e il materiale ligneo e pietroso non lascia passare cosa alcuna
attraverso gli elementi che lo compongono, per una specie di infiltrazione
impercettibile. Il corpo del Signore non perde la sua natura fisica per poi
riprenderla dal nulla: eppure di dove viene colui che si ferma in mezzo? A
queste domande si arrendono pensiero e parola, e il fatto nella sua verità
supera l'umana capacità di intendere.
Tommaso esclama:
Mio Signore e mio Dio! Dunque, colui che egli confessa come Dio è il suo Dio.
Senza dubbio Tommaso non ignorava le parole del Signore: Ascolta, Israele: il
Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Come la fede di un Apostolo,
professando Cristo come Dio, poté dimenticare il massimo precetto che ordina di
vivere nella confessione dell'unità divina? Ma la potenza della risurrezione
fece intendere all'Apostolo il mistero della fede nella sua pienezza. Già
sovente egli aveva udito le parole di Gesù: Io e il Padre siamo una cosa sola.
Tutto quello che il Padre possiede è mio. Io sono nel Padre e il Padre è in me.
Ormai, senza pericolo per la fede, Tommaso può attribuire a Cristo il nome che
designa la natura divina.
La sua fede
schietta non esclude di credere nell'unico Dio Padre proclamando la divinità
del Figlio di Dio. Infatti, egli crede che il Figlio di Dio non possiede una
natura diversa da quella del Padre.
E la fede
nell'unica natura non correva il rischio di trasformarsi in empia confessione
di un secondo Dio, perché la perfetta nascita di Dio non aveva portato una
seconda natura divina. Pertanto, fu con piena conoscenza della verità contenuta
nel mistero evangelico che Tommaso confessò il suo Signore e il suo Dio. Qui
non si tratta di un titolo d'onore, ma del riconoscimento della sua natura.
Egli credette che Cristo era Dio nella piena realtà della sua sostanza e della
sua potenza.
Il Signore
confermò che l'affermazione di Tommaso non era un semplice riconoscimento di
onore, ma atto di fede, dicendo: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati
quelli che pur non avendo visto crederanno!
Infatti, Tommaso
credette perché vide. Ma tu mi puoi domandare: Che cosa ha creduto? Che cosa
poté credere se non ciò che ha dichiarato: Mio Signore e mio Dio? Nessuna
natura, se non quella divina, avrebbe potuto risorgere per propria virtù dalla
morte alla vita; e la sicurezza di una fede ormai certa fa professare a Tommaso
questa verità, cioè che è Dio.
Non possiamo
pensare che il nome Dio non indichi una natura reale. Infatti quel nome non è
forse stato pronunziato in base a una fede nella natura divina fondata su
prove? Sicuramente quel Figlio, devoto al Padre suo, che faceva non la sua
volontà, ma quella di colui che lo aveva mandato e cercava non la propria
gloria, ma quella di colui dal quale era venuto, avrebbe ricusato nei propri
confronti l'onore implicito in un nome del genere, per non distruggere l'unità
divina che aveva proclamato.
Ma in realtà, egli
conferma il mistero espresso dalla fede dell'Apostolo e accetta come suo il
nome che indica la natura del Padre; così egli insegnò che erano beati coloro
che, pur non avendo visto quando risorgeva dai morti, afferrando il senso della
risurrezione avevano creduto che egli era Dio.
(Dal trattato
"Sulla Trinità" di sant'Ilario di Poitiers De Trinitate, III,20;
VII,12. PL 10,87-88. 209)
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