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IL LIBRO DEI SALMI (introduzione)


IL LIBRO DEI SALMI



Introduzione

1- I salmi preghiera di Israele
2- Varie divisioni del Salterio
3- Temi fondamentali del Salterio
4- Forme letterarie dei salmi
5- Livelli interpretativi dei salmi
6- Come usare I salmi nella preghiera

Introduzione

La fonte principale della liturgia ebraica era costituita dai salmi. Ad essi si

devono ispirare le lodi, tutti i ringraziamenti, tutte le preghiere, tutti i pianti. I salmi

sono infatti «parola di Dio», dialogo con Dio ma dialogo in cui è Dio ad aver preso

l'iniziativa e ad averla condotta a buon fine. Certamente l’uomo cerca Dio, c anche il

credente israelita lo ricercava con la preghiera nella coscienza di essere un popolo

che era in cammino, in attesa e in alleanza con un Dio che si era rivelato come il «suo

Dio».

I salmi sono dunque un appello a Dio compiuto da uomini diversi, in situazioni

storiche precise e differenti ma sono anche risposte di Dio all'uomo, rivelazione di

questo Dio nella preghiera. In questo sta l’unicità dei salmi; in questo i salmi si

distinguono da ogni altra preghiera. Essi sono preghiere che si costituiscono come

«norma e regola» di ogni preghiera.

II salmista ha aperto la bocca, e Dio gliel'ha riempita: «Apri la tua bocca ed io il

Signore la riempirò» (Sal. 81, 11) L'ha riempita di lodi, canti, degni di salire a lui. II

salmista sa che se Dio non prende quest'iniziativa la sua bocca non può cantare la

lode del Signore. «Apri la mia bocca e la mia lingua canterà la tua lode» (Sal. 51, 17).

I salmi sono il miele della roccia (Sal. 119, 103), il pane nel deserto (Sal. 105, 40

e Mt. 3, 4), necessarie e sufficienti per vivere come le locuste (cfr. Mt. 3, 4). I salmi

sono questo fiume di preghiere che esce dal tempio, alle cui rive i credenti come

alberi sanno dare frutti e foglie che non appassiscono mai (cfr. Ez. 47, 12 e Sal. 1, 4). 

I salmi sono questa costruzione di pietre che parlano e che formano il tempio della

preghiera, luogo privilegiato dell'incontro tra Dio e il suo popolo.


1. I SALMI PREGHIERA DI ISRAELE

L'israelita ritmava la sua vita sulla preghiera, che lo occupava almeno tre volte

al giorno, al tramonto (vesperi), al mattino (lodi) e a mezzogiorno (ora media), come

ci testimonia il Salmo 55,18, ma ogni occasione era per lui motivo di preghiera. II suo

Dio era un Dio lontano nella sua santità ma vicino nella sua misericordia.

Per I'israelita Yahvè era «il Dio di tutti i giorni» sempre presente, in ogni fatto

della vita anche il più banale. Quando aveva un figlio, il nome imposto era «Dio è

padre» (Abia), «Dio aiuta» (Azaria), ecc., il nome era già un canto, un seme di salmo

posto nella sua bocca.

II sacerdote Zaccaria infatti, appena dà il nome al figlio Giovanni, cioè «Dio fa

grazia», scioglie quella sua lingua incapace di parlare e gli sgorga un cantico di lode

con cui benedice Dio: il Benedictus, un cantico le cui parole erano dettate dallo

Spirito Santo che lo aveva riempito.

Così pregava I'israelita, in ogni tempo, in ogni occasione. Innanzitutto,

imbevuto della parola di Dio e mai senza di essa, lasciava che la preghiera spontanea

gli uscisse dal cuore. Era, la sua, una preghiera che restava sconosciuta a lui stesso,

un dialogo nella fede sola, ma anche una preghiera che non era mai privatistica. Ecco

perché questa si concludeva sempre al tempio, nell'assemblea di culto, nell'adunanza

del popolo.

Dalla persona alla comunità (al tempio). Ciò che era della vita del credente, era

portato a far parte del culto della comunità. La preghiera liturgica assumeva le

preghiere personali: ciò che era spontaneo, e che forse rischiava di diventare

spontaneistico, nella preghiera del culto trovava un quadro, una norma, che

modificava e correggeva gli eccessivi moti spontanei. Il passaggio dalla vita e dalla

persona, al culto della comunità era garantito proprio dai salmi. Essi raccoglievano le

grida dei singoli, le loro pene, i loro sentimenti, una preghiera comune che saliva fino

a Dio.

In Egitto si facevano preghiere che venivano portate al tempio e scritte sulla

pietra. In Israele le preghiere personali portate al tempio dagli oranti erano accolte

dal sacerdote, vagliate, conservate, eventualmente usate nella liturgia, inquadrate

accanto alle altre: ecco come veniva formato il tesoro liturgico di Israele: il Salterio.

Dalla Comunità (dal tempio) alla persona. L’altro movimento che si coglie è

quello, inverso, dal tempio alla preghiera del credente, dalla lode pubblica

all'orazione personate. Questi al tempio pregava, cantava, rinnovava la sua fede, la

confessava, la celebrava. Soprattutto, al tempio apprendeva il metodo di dialogo con

Dio. E, tornato alla vita di tutti i giorni, poteva riprendere la sua preghiera con libertà


e spontaneità usando del Salterio come di un punto di partenza per ogni sua

orazione.

Nelle improvvisazioni di cui abbiamo testimonianza nel Nuovo Testamento i

salmi ritornavano come modello, su cui si creava la propria preghiera. Basti pensare

al cantico di Maria, quello di Zaccaria e quello di Simeone e confrontare la loro

similitudine con I salmi.

Israele era un popolo che sapeva pregare il suo Dio. Ci parlano della preghiera

di Israele e del suo significato i fatti narrati circa i grandi patriarchi. Le più antiche

testimonianze della sua preghiera liturgica ci vengono offerte dai libri storici in quegli

testi che celebrano i prodigi operati da Dio a favore del suo popolo.

Abramo che intercede a più riprese a favore di Sodoma e diventa il profeta

capace di pregare, «l'intercessore», che con la preghiera può anche conservare la vita

(Gen.18 e 20,7);

Mosè che intercede nella battaglia contro Amalec, che chiede misericordia a

Dio per il popolo ribelle, che invoca su di sè il castigo, che chiede di vedere la gloria di

Dio (Es. 17,9s.; 32,11s.; 33,12s.) e ottiene di vedere la sua bontà

Il grido di Esodo 15,21: «Cantiamo il Signore veramente glorioso, cavallo e

cavaliere ha gettato nel mare!» è il riassunto e il modello di tutte le più antiche

preghiere conservate. E’ un canto di celebrazione della fede, di riconoscenza al

Signore che non solo ha liberato il popolo, ma lo ha anche creato. E’dunque la

risposta del popolo creatura al suo Dio creatore, la risposta del liberato al liberatore,

al «goel».

Il cantico di Debora (Giud. 5), il cantico di Anna (Salm. 2), le altre preghiere che

ritroviamo nei libri dei Giudici c di Samuele sono lodi, suppliche, voti personali o

collettivi, ma che testimoniano il fervore e la sincerità dell'lsraelita. Nati in occasioni

diverse sono le prime pietre della pietà israelitica, usate fin da quei tempi per le

Liturgie delle feste annuali o per le varie occasioni di vita politica e religiose del

popolo.

Viene poi il periodo dei grandi profeti. Questi non creano né salmi né cantici e

la loro azione non si esercita sulla liturgia in modo diretto. Ma è grazie alla loro

predicazione e alla loro fede che nasce una parte dei salmi, forse i più belli,

certamente quelli che più hanno ispirato il Nuovo Testamento.

Come i patriarchi essi sono visti come intercessori dai loro contemporanei e

certo nei loro circoli nacquero le liturgie del tempio più pure e meno pietiste o rituali.


A Geremia soprattutto sono tributari alcuni salmi che ricalcano alla lettera

alcuni passi delle sue profezie e molti altri che dipendono dal suo messaggio

spirituale. Geremia infatti è il profeta che ha vissuto molte situazioni dei salmi nella

sua carne e certamente i suoi discepoli salmisti, più volte si riferirono a lui nel leggere

le situazioni del giusto che supplica il suo Dio. Basterebbe, per verificare questa

influenza del profeta sui salmi, confrontare il Salmo 1 con Geremia 17, 5s, il Salmo 6

con Geremia 10, 24 s, il Salmo 22 con molti tratti della sua profezia.

L’ultimo periodo, quello dopo I'esilio, è esso pure ricco di preghiera ed ha

lasciato grandi tracce nel Salterio. Nell'esilio Israele aveva approfondito il senso del

peccato in confessioni nazionali e individuali, aveva creato liturgie penitenziali e nello

stesso tempo aveva guardato al futuro con speranza, cantando la fede in Dio, capace

sempre di liberare il popolo se questo tornava a lui. La mancanza di un tempio e la

lontananza da Sion sono causa di approfondimento per un culto più spirituale.

La prigionia diventa occasione di misurare la propria debolezza e povertà,

I'esilio lo stimolo a desiderare il regno di Yahvè e Gerusalemme, la città santa. La

mancanza di sacrifici spinge a cogliere maggiormente I'importanza della lode e della

preghiera di supplica, e quindi del culto in spirito e verità.

E la stessa lontananza dalla terra, la diaspora finalmente accettata fecero

nascere in Israele una dimensioni universalistica: il tempio venne, infatti, inteso come

casa di preghiera per tutte le genti, Gerusalemme come la madre di tutte le nazioni, il

Dio di Israele come il Dio che un giorno sarebbe stato il Re della terra, dei popoli tutti,

adorato e riconosciuto da tutte le razze. Nei paesi dell'oriente lo sviluppo della poesia

lirica andava di pari passo con quello della musica strumentale in cui la melodia era

molto semplice, quasi un recitativo.

I salmi furono, cosi, utilizzati dagli Ebrei nel loro attribuirono perciò a Davide (1

Cron 25), il fatto di aver costituito dei cantori al tempio di Gerusalemme, affidando ad

essi I'incarico della lode di Dio attraverso il canto dei salmi (lCron. 16,7s).

Israele aveva il senso della festa, ciò che noi abbiamo perduto, e la liturgia al

tempio era una festa non rituale, non trionfalistica, ma solenne e maestosa: una festa

cui si partecipava di tutto corpo perché la preghiera degli ebrei è una preghiera

visibile.

Un ebreo lo si vede pregare: anche il corpo vi partecipa con movimenti,

prostrazioni, genuflessioni, inchini, ondeggiamenti, anche la vista, colpita dalla

bellezza del tempio e dai colori liturgici, anche il cuore, pervaso dalle musiche e dal

canto. L'israelita poteva mantenere a lungo il ricordo di una grande festa, gratuita, in

onore del suo Dio, e poteva dire che «era. gioioso e bello stare insieme come fratelli»

(Sal. 133) e insieme a loro esultare e rallegrarsi.


2. LE VARIE DIVISIONI DEL SALTERIO

1. La divisione dei Salmi in cinque libri

Per analogia con i cinque libri del Pentateuco (la Torah), la raccolta è stata divisa in

cinque libri. Attualmente il Salterio è diviso in cinque libri, numero scelto per

ricordare i cinque libri del Pentateuco. Sembra che questa divisone risalga al III Secolo

prima di Cristo.

Introduzione: Salmi 1 - 2

a. Primo Libro: Salmi 3 - 40

b. Secondo Libro: Salmi 41 - 71

c. Terzo Libro: Salmi 72 - 88

d. Quarto libro: Salmi 89 - 105

e. Quinto Libro: Salmi 106 - 150

Il primo libro (1-41) è dedicato ai salmi che descrivono I'affronto tra il giusto

credente e I'empio. Il primo salmo, quello delle due vie, apre la raccolta mostrando

I'inconciliabilita e la diversa sorte dell'uomo, a seconda della sua posizione nei

confronti di Dio, tema riproposto con valore collettivo al Sal 2, considerate con il Sal

1, nel Talmud, quale unico salmo. I salmi successivi sono un crescendo di opposizioni

tra il giusto e I'empio che raggiungono nel Sal. 22 il punto più profondo del contrasto.

Il confronto continua fino all'ultimo salmo del libro, il 41, dove il giusto languisce nel

suo letto di dolore, come nel libro della Genesi Israele nell'esilio egiziano.

II secondo libro (42-72) si apre con salmi che ci descrivono il desiderio di Dio, patito

dal credente lontano, in esilio, ed è il libro dagli accenti più accorati verso il Regno di

cui si sospira la venuta, verso il tempo delle nozze regali (Sal. 45). C’è sempre un

nemico sulla scena, ma non I'empio, e piuttosto il peccato, nemico in noi, che è di

ostacola la partecipazione all'intimità con Dio. La chiave di volta è il Sal 48.

Parallelamente all'Esodo, il libro del mistico deserto, questo libro dei salmi racconta

la storia dell'infedeltà del popolo verso Dio. Dio, infatti toglie il popolo dalla

schiavitù, lo porta nel deserto, lo avvia verso Gerusalemme, verso la terra promessa

(Sal. 48). La conclusione (Sal. 72) predice il Regno, come alla fine dell'Esodo Dio

prende possesso del santuario di fronte al popolo in cammino verso la terra

promessa; e il Sal. 68 celebra l'entrata del popolo e di Dio vincitore dei pagani a Sion.

II terzo libro (73-89) è un libro cuscinetto, meditazione sul passato e nello stesso

tempo attesa degli ultimi tempi, quelli messianici. Dio ha liberato il suo popolo dalla

schiavitù, gli ha dato una terra e ora lo conduce (Sal. 77 e 80) mediante Mosè e

Aronne, il profeta e il sacerdote, e mediante Davide il pastore (Sal. 79). Questo libro

raccoglie i grandi temi del salterio. Come nel terzo libro del Pentateuco questo dei

salmi insiste sul culto e trova nel Sal. 84 il suo centro. Lode dunque della casa di Dio,


di Gerusalemme (Sal. 87), o pianto su queste realtà segno della presenza di Dio

eppure storicamente devastate (Sal. 79, 83 e 89). Ma I'angoscia non è assente e il

libro si chiude con I'agonia del giusto, il ricordo della promessa fatta a Davide, la sua

elezione come Messia ma anche le sue sofferenze, il suo rigetto!

II quarto libro (90-106) è la celebrazione della potenza del Signore, vero pastore del

suo popolo, presenza provvidenziale nella nazione, fedeltà nella storia. Dio è cantato

come Re della terra e dell'universo, come giudice, il cui giorno sta per arrivare, come

creatore che sostiene ogni vita. Solo il Sal 102 rompe questo inno mettendo in

rilievo, di fronte alla potenza di Dio, le sofferenze dell'oggi del giusto, i limiti che deve

patire, il suo dolore; ma il salmo vede anche questo come fatto dipendente da Dio,

dalla sua volontà sovrana. E come gli oracoli di Balaam nel libro dei Numeri, cosi i

salmi del regno (93-100) ci parlano dello spavento dei suoi nemici e del suo regno

vittorioso.

Il quinto libro (107-150) è il libro della lode sulla montagna di Dio ormai salita. E’ un

libro tutto esplosione di gioia verso il Dio vincitore degli idoli, liberatore, abitante in

Sion, citta sua città santa. Tutti questi canti attorniano il Sal 119, il salmo della legge.

Come nel Deuteronomio, troviamo qui le benedizioni per chi osserva la legge (Sal.

112, 115, 127, 128, ), le maledizioni verso i trasgressori (Sal. 109, 120, 129) e la

celebrazione di Dio che raggiunge fino le creature inanimate dell'universo. Gli ultimi

salmi vogliono essere infatti la conclusione dell'intero libro dei salmi, il quale rivela

che ogni cosa deve lodare e riconoscere Dio.

2. La divisione dei salmi in collezioni

Per gruppi di cantori:

Vi sono anche salmi che facevano parte di altre collezioni preesistenti, appartenenti a

gruppi di cantori, i quali erano incaricati di organizzare le funzioni liturgiche:

a. il coro di Asaf (Salmi 72-82)

b. i figli di Core (Salmi 41-49; e 83-87)

Per argomento

Esistono altre collezioni caratteristiche:

a. Il Salterio del Pellegrino o Canti delle ascensioni (Salmi 119-133)

b. I Canti del Regno (Salmi 92-99)

c. I Cantici di Sion

d. Gli Inni dell'Alleluia (Hallel) (Salmi 112-118; 134-135; 145- 150).


3. Titoli e le attribuzioni

Più di un salmo ha già una propria storia e una propria vita prima di trovare il testo e

il posto definitivo che ora ha nel salterio che possediamo. Certi canti molti antichi

infatti sono stati riletti e recitati da un secolo all'altro, adattandoli alle nuove

circostanze e spesso sono stati rimaneggiati.

I titoli. Il testo ebraico dà, all'inizio del salmo, alcune note introduttive che per noi

restano misteriose. Sono i «titoli»: indicano il presunto autore del salmo, l'occasione

storica che si supponeva averlo ispirato, alcune istruzioni circa gli strumenti musicali

da impiegare nel canto. Alcuni pensano che questi titoli siano antichi, forse anteriori

ai tempi dell'esilio; altri ritengono che si tratti di aggiunte più tardive, posteriori

all'insieme della raccolta. In ogni caso, più che il significato oggettivo del salmo, il

titolo indica come lo si comprendeva e cantava in un periodo ormai lontano dalle sue

origini.

L’ attribuzione a Davide. Molti titoli attribuiscono il salmo a Davide (tutti quelli del

libro Primo, eccetto il 32, a altri). Sicuramente la figura del re musicista e poeta che

danza davanti all'arca e organizza il culto, ha dato impulso decisivo alla liturgia e ai

canti sacri, e qualche sua composizione ci è stata conservata (cfr 2Sm 1,19-27; 23,1-

7). Inoltre come capo di Israele egli rappresenta l'intero popolo (personalità

corporativa). Inoltre dopo la caduta della monarchia e dopo l'esilio, Davide diventa il

modello del credente e la figura del Messia futuro. Così anche se Davide non ha

composto personalmente nessuno dei 150 salmi, almeno nella forma in cui oggi si

presentano, il ricordo di lui ha ertamente ispirato i cantori, che hanno posto le loro

composizioni sotto il suo nome.

3. I TEMI FONDAMENTALI DEL SALTERIO

1. L’amore fedele.

Il primo tema è quello dell'«hesed Yhawè», cioè dell'amore, della fedeltà, della

misericordia, della grazia, della verità di Dio. Per la dizione di questi temi sarà bene

mantenere la parola ebraica, perch6 la nostra traduzione in una delle parole suddette

la impoverisce.

Il Dio dei salmi si muove nella storia, emerge per il credente come il Dio

dell'hesed. Dio era entrato in contatto con I'uomo con l'alleanza. Alleanza

prefigurata con Noè (Gen. 6, 18 s.), con Noè e ogni vivente (Gen. 9, 8 s.), stipulata con

Abramo (Gen. 15,18 s.), con Isacco (Gen.17,19 s.), con Giacobbe (Gen. 28,13 s.),

conclusa con il popolo di Israele al Sinai (Es. 19, 4), rinnovata con Davide (2 Sam.


7,12). Con questo patto, questo primo testamento, Dio stabilisce una rivelazione di

amore tra lui e il suo popolo.

Dio è fedele, è «hassid», e chi entra in alleanza con lui e gli è fedele diventa

egli pure «hassid». Dio è verità, e chi accoglie questa sua verità e la conserva,

osservandola, diventa veritiero, giusto, credente. Ecco il Dio degli eletti, ecco il Dio

del popolo eletto, perché scelto e chiamato a entrare in questa alleanza. Non è un

Dio come quello degli altri popoli; egli è Jahwè, e Israele lo dirà sempre il «nostro»

Dio, il mio Dio, mentre Dio dirà il mio popolo. Dio è ancora hassid perché ha un cuore

di benevolenza, di pietà, di comprensione, è un Dio che non rompe il suo patto,

anche quando il popolo diventa infedele. E’ verità perché nel fare quest'alleanza ha

offerto al popolo la legge.

2. La legge.

Un altro tema che percorre il Salterio è quello della «legge», la Torah. Essa è

I'insegnamento di Dio, la verità-fedeltà confidata e rivelata a Israele. La stessa

traduzione che noi facciamo di Torah con «legge» è mancante e rischia di far

percepire la Torah in senso legalistico.

Invece no, la Torah il dono per eccellenza di Dio al suo popolo, è la presenza di

Dio nella creazione avvenuta con l'alleanza.

La Torah è la parola creatrice innanzitutto, attraverso la quale tutto è venuto

all'esistenza: le cose, I'uomo, il popolo eletto, il Messia.

La Torah è un insieme di promesse, la promessa con cui Dio ha stipulato,

confermato, rinnovato I'alleanza.

La Torah infine è anche legge, insieme di decreti, giudizi, precetti,

comandamenti, consigli che indicano la via con cui I'uomo, Israele, può far sua,

attraverso la meditazione e I'osservanza, questa presenza di Dio nella creazione.

La Torah è questo dono mai passato, mai venuto meno, mai respinto né da

Dio, né dal Messia, né dai veri fedeli, gli hassidim; sono questi che costituiscono

I'Israele fedele, il resto che Dio sempre crea, conserva e mantiene sulla terra, nel suo

«hesed», con la funzione sacerdotale e missionaria nei confronti della gente, i

«goim», i pagani, i non credenti nel vero Dio.


3. Il nemico

Infine domina la scena dei salmi il nemico, I'avversario, il «Rasha», che attenta

al popolo, perché in rivolta verso Dio. Questo personaggio è in scena fin dall'inizio

come forza caotica che resiste alla parola ordinatrice di Dio.

Ora lo si trova con il nome di mare, quale massa estesa e orgogliosa all'interno

della natura, ora si chiama «Rhab» e «Leviathan», come mostro che si leva

costantemente contro Dio e col quale si prepara il grande combattimento

escatologico;

Altre volte si chiama potenza infernale, «Sheol», perchè domina sulI'uomo con

la morte; a volte si chiama «Rasha», cioè, l’empio, il principe dell'empietà, la forza di

rifiuto nei confronti di Dio, incarnate a volte nelle nullità, negli idoli fasulli, a volte

negli oppressori, negli aguzzini, i «nebalim», quando si scatena contro il credente, il

giusto, il povero che confida solo in Dio.

Israele manterrà sempre lucida questa coscienza di essere in alleanza con Dio

e perciò in guerra contro i nemici di Dio. Nemici di Dio personali o collettivi, nazionali

o cosmici.

4. LE FORME LETTERARIE DEI SALMI

Tentiamo una classificazione dei salmi attraverso le forme letterarie, cioè

classificandoli secondo il contenuto e gli aspetti particolari di ciascuno. E’

un'ordinazione schematica e dunque impropria per molti aspetti essendo molti salmi

di difficile collocazione, anche a volte per la loro natura di composizione risalente a

generi letterari misti. Diamo qui solo alcune linee, che pure possano servire alla

preghiera.

1. Inni di lode.

Una parte dei salmi si possono chiamare «inni», «Tehillim», per il loro carattere

laudativo. Sono salmi legati alle feste liturgiche di Israele, soprattutto la festa delle

capanne, «succot», che celebra I'alleanza era dunque una festa di gioia. Questi salmi

nascono da un'esigenza gioiosa di ringraziamento a Dio per i suoi prodigi operati nella

storia, per I'assistenza e la vicinanza di Dio verso il suo popolo.

Sono grida di adorazione piene di entusiasmo. L'uomo ammira in un unico quadro

l'opera di Dio che fa sorgere i mondi, e il suo possente intervento nella storia del

popolo, soprattutto la sua azione nella vita dei poveri.


Il Dio creatore, è salvatore e redentore, Dio misericordioso e vicino. Questi inni hanno

il loro posto nel culto: vengono cantati in genere all'ingresso de tempio, durante le

processioni, che con danze, canti e musiche, si protraggono fino a notte inoltrata

(94,6;95,8)

Un gruppo omogeneo di salmi acclama il Signore come Re del popolo e Dio

dell'universo: sono questi i Salmi del Regno, inni messianici (46; 92; 95; 96; 97; 98;

144). Un altro gruppo esprime il fervore del popolo per Gerusalemme, la montagna

sulla quale abita Dio e si perpetua la dinastia del suo re messia: i cantici di Sion ( 23;

45; 47; 77; 83; 86; 121).

2. Canti di ringraziamento.

Abbiamo poi salmi di ringraziamento, veri rendimenti di grazie personali e collettivi.

Nati nei momenti di vittoria, di liberazione, sono la testimonianza del riconoscimento

dell'azione di Dio nella storia, della celebrazione della fede. A volte sono il canto di

chi, liberato dal pericolo, dalla morte, dalla malattia, sale al tempio per offrire un

sacrificio di ringraziamento con tutta la sua famiglia e i suoi amici.

Esprimono ammirazione e riconoscenza, cantano i benefici di Dio, innumerevoli,

grandiosi o modesti, sempre meravigliosi. La riconoscenza è tanto fondamentale negli

atteggiamenti religiosi da compenetrare anche i salmi di angoscia e di supplica, come

un pegno della speranza ritrovata. Talvolta è il salmista che dice il proprio grazie a Dio

per un beneficio personale (17; 31; 33; 39); altre volte è tutto il popolo che ringrazia

(65; 66; 123; 137).

Prima del sacrificio il credente cantava queste preghiere ricordando come Dio I'aveva

liberato e aiutato. Nel caso invece di ringraziamenti collettivi, è tutta I'assemblea,

tutto il popolo che, scampato il pericolo o riportata una vittoria, faceva una solenne

liturgia di ringraziamento.

In questo caso l'assemblea non si limitava a lodare Dio per I'evento attuale, ma

esprimeva la sua fede, ripercorrendo le tappe degli interventi di Dio.

3. Le Suppliche o Lamentazioni

Le suppliche, dette anche lamentazioni, individuali o collettive, sono il contrario del

ringraziamento. L'autore appare come il misero, il debole, il povero, I'«anhw» o l’

«ebiòn», a volte preda del male e della malattia mortale, a volte preda dei potenti,

dei ricchi, dei calunniatori; a volte infine si sente vittima di maghi e di artefici di

malocchio.


Quando invece queste suppliche hanno carattere nazionale, in questi salmi si esprime

il pianto del popolo, la sua disperazione che si traduce in liturgie penitenziali di fronte

all'invasione, alla guerra, all'occupazione, alla distruzione della citta santa, alla

carestia e aIla fame.

Anche qui appare il mondo delle gesta salvifiche di Dio che questa volta vengono

messe in relazione contrastante col tempo presente. E di qui le meditazioni sulle

colpe del popolo, sui castighi dati da Dio e la conseguente implorazione di pietà,

nell'attesa fiduciosa dell'intervento di Dio, nella certezza che Dio resta il Signore, che

Dio resta il Dio di Israele, e nella speranza che egli stesso donerà la salvezza e la

liberazione.

Sono preghiere di penitenza e di lutto; sono forse le espressioni più frequenti del

salterio. Si snoda davanti a nostri occhi il lungo corteo di miserabili, di oppressi, di

perseguitati, di accusati in processi senza speranza che chiedono giustizia (4; 5; 7), di

innocenti perseguitati ai quali unico rifugio è rimasto il Signore (27; 35; 39).

Altrove sono i malati atterriti per la morte ormai vicina, per i quali la risurrezione non

è ancora una fede piena di certezza (6; 37; 87), o i molti provati dall'esistenza i quali

levano a Dio il grido della loro angoscia. Tuttavia ogni incontro con il Signore

trasforma chi si abbandona a Lui; rinasce la speranza, e, alla fine della preghiera, già si

delinea il ringraziamento. Così, alcuni canti degli infelici diventano salmi di fiducia e di

riconoscenza (12; 15; 21, 22; 30; 31;).

Ma accanto alla descrizione delle sventure c'è il quadro della cattiveria umana:

arroganza, violenza, ingiustizia, bestemmia, tradimento; è il volto del male che in

definitiva è negazione di Dio e dell’uomo. Le preghiere più intense del salterio sono

forse quelle de peccatore, il Miserere (50), e il de Profundis (129). Splendida voce di

fiducia è il salmo 130.

4. I Salmi regali.

Abbiamo poi i salmi regali, che celebrano non la regalità e la signoria di Dio ma la

regalità del Re, del discendente di Davide, del Messia. Nati in un ambiente di corte,

sovente debitori a ideologie regali straniere, celebrano il Re, la sua intronizzazione, le

sue nozze, le sue vittorie, senza però divinizzarlo come avveniva presso le nazioni

vicine. Questi salmi, la cui lettura messianica venne fatta sempre più in modo

spirituale per lo scomparire della dinastia davidica, hanno molto contribuito alla

teologia messianica neotestamentaria: verrà un altro consacrato a compiere

definitivamente il piano di Dio, il Messia, il cui glorioso ritratto è dipinto nei salmi 2 e

109. Si vedano ancora come portatori dell'attesa messianica i salmi 20, 88 e 131.

Inoltre: 61; 44; 19; 100; 143; 17.


5. I Salmi dei pellegrinaggi

Salmi di Sion e graduali sono quelli che celebrano la citta santa Gerusalemme,

eletta da Dio, verso la quale salivano per la festa i pellegrinaggi dei pii israeliti,

soprattutto in occasione della festa regale di Sion. Sono canti al tempio, luogo della

presenza di Dio, canti anche profetici che prospettano il futuro della città, chiamata a

radunare e accogliere tutte le genti. Nei salmi di salita al tempio o di pellegrinaggio si

ha anche un movimento di contemplazione della città Dio Gerusalemme, luogo della

salita del popolo che festoso partecipa alla festa. Sono canti annuncianti la mistica

del pellegrinaggio, epifania dell'unita di fede fra l’Israele abitante nella Palestina e

quello disperso tra le genti (Sl 119-133)

6. I Salmi sapienziali

Ci sono poi i salmi didattici o sapienziali, meditazione della legge e ammonimento al

popolo o all'uomo. Sono ricchi di spunti ripresi dalle letterature sapienziali c

richiamano all'uomo il senso della vita, la sua fugacità, il bisogno di riporre la sua

fiducia in Dio e non nella potenza, nella forza e tanto meno nelle mani dell'uomo. La

legge è il tema che vi emerge come sola via indicata all'uomo per compiere la sua vita

con un senso e compiutezza corrispondenti alla vocazione ricevuta da Dio.

Si tratta di sapienti che si sforzano di scrutare l'enigma della vita e cercano di

svelarne il significato. Essi si imbattono continuamente nel problema della

rimunerazione. Si interrogano: perché i giusti sembrano essere sempre sfavoriti,

mentre i malvagi prosperano. Ognuno tenta di suggerire una risposta e non sempre

viene accettato il dramma di Giobbe. Tuttavia non si tralascia di raccomandare

soprattutto una condotta di vita che rafforzi la fede e la speranza del giusto, anche se

i problemi appaiono irresolubili (36; 48; 51; 90; 111; 126; 127; 132).

7. I Salmi storici.

Alcuni salmi presentano la Storia di Israele, come insegnamento profetico che narra

con solennità la lezione del passato, in occasione di qualche grande festa (77; 104;

105)

5. LIVELLI INTERPRETATIVI DEI SALMI

I salmi sono sempre stati nella comunità cristiana strumenti e tracce insostituibili di

preghiera. I sentimenti che in essi vengono espressi di volta possono essere

interpretati a diversi livelli.


Il primo livello è il livello storico: cioè si interpreta il salmo a partire dal contest storico

e dai protagonisti che lo hanno originato: un evento, un re, una battaglia, una

situazione di sofferenza o di calamità particolare, una particolare epoca della vita del

popolo.

Il secondo livello è il livello cristologico: si interpretano sentimenti espresso nel salmo

come sentimenti di Gesù; il dolore è sofferenza della sua passione, l’abbandono è

Gesù abbandonato dai suoi; le domande sulla fede sono le domane di Gesù sulla

croce; l’affidamento a Dio è l’affidamento di Gesù al Padre. In questo senso I misteri

della vita di Cristo sono ben interpretati dal racconto del salmo.

Il terzo livello è il livello ecclesiale: la Chiesa ha sempre interpretato I sentimenti

collettivi del popolo come I suoi stessi sentimenti. Nei momenti di lode o di difficoltà,

nel tempo della gioia o del dolore il sentier della Chiesa è espresso nel contenuto de

salmi. Per questo la Chiesa nutre la sua liturgia quotidiana con la recita dei salmi e si

esprime nella preghiera prevalentemente mediante la scrittura.

Il quarto livello è il livello attuale esistenziale: ogni credente rilegge la sua vicenda

personale nelle espressioni e nelle situazioni descritte dai salmi. Lì ritrova I suoi

sentimenti e la sua preghiera, come orientare le sue paure, le sue preoccupazioni e le

sue speranze.

6. COME PREGARE CON I SALMI

Nel testo ebraico il salmo 9 è diviso in due: salmo 9 e 10, mentre nella numerazione

liturgica (settanta e volgata latina) il salmo 9 è unico. A partire dal salmo seguente:

ebraico è il salmo 11; liturgico è il salmo 10. Qui di seguito è indicate la numerazione

liturgica .

Preghiera del mattino 5, 52, 56, 91

Preghiera della sera 4, 15, 30, 85, 87, 90, 129, 133, 142

Preghiera della lode 8, 9a, 18, 25, 28,29, 32, 33, 34, 39, 43, 44, 46, 47,

49, 53, 56, 62, 64, 65, 66, 67, 68, 70, 72, 73, 75, 88,

91, 94, 95, 97, 98, 99, 100, 102, 103, 104, 107, 110,

112, 113b, 116, 117, 133, 134, 135, 138, 140, 144,

145, 148, 149, 150.

14

Preghiera del ringraziamento 4, 9a, 17, 21, 22, 25, 27, 29, 33, 39, 51, 53, 55, 65,

68, 74, 85, 99, 102, 106, 110, 114, 115, 117, 123,

135, 137.

Preghiera per invocare l'aiuto 3, 5, 6, 7, 9a, 10, 11, 12, 17, 21, 25, 26, 27, 30, 34,

38, 39, 40, 43, 51, 53, 54, 55, 58, 59, 61, 63, 65, 68,

69, 70, 73, 76, 78, 79, 84, 85, 87, 101, 119, 122,

136, 139, 140, 141, 142, 143.

Preghiera per chiedere perdono salmi 24, 31, 37, 38, 39, 40, 50,64, 68, 78, 84, 89,

105, 129, 142.

Preghiera per esprimere fiducia salmi 3, 4, 5, 6, 7, 9a, 10, 11, 12, 13, 16, 17, 19, 22,

25, 26, 27, 30, 31, 32, 36, 37, 38, 43, 45, 51, 52, 53,

55, 58, 59, 60, 61, 70, 78, 79, 83, 87, 90, 93, 107,

111, 113b, 115, 117, 120, 122, 123, 124, 125, 126,

130, 138,139, 140, 141, 142, 143.

Preghiera nella malattia salmi 6, 21, 37, 38, 40, 87, 101, 114.

Preghiera per un lutto salmi 12, 15, 129.

Preghiera in avvento salmi 23, 24, 79.

Preghiera nel natale salmi 2, 18, 23, 71, 84, 88, 97, 131.

Preghiera nella quaresima sette salmi «penitenziali»: 6, 31, 37, 50, 101, 129,

142

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