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I Salmi con i Padri della chiesa. Salmo 1.

I salmi

Introduzione : clicca il link per l'audio spiegazione.

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SALMO 1

Salmi 1

1 Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
2 ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
3 Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.
4 Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;
5 perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea dei giusti.
6 Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.


I BEATI E I MALVAGI

 

Se vuoi dichiarare qualcuno beato,

nel Salmo 1 impari come farlo e a chi rivolgerti

e le parole da pronunciare.

(Atanasio, Sull'interpretazione dei Salmi, 15)

 

Il Salmo 1 è fondamentale per comprendere l’intero libro dei Salmi (Basilio di Cesarea).

Esso descrive il culmine della beatitudine che sarà elargito a colui che vince il premio in Cristo (Ambrogio), una beatitudine che non è altro se non la partecipazione al vero essere (Gregorio di Nissa), alla vera bontà che è Dio (Basilio di Cesarea). L'uomo beato in questo Salmo è prima di tutto Cristo (Agostino), dal quale deriva la beatitudine (Eusebio di Cesarea) per coloro che sono salvati da Cristo (Girolamo) e che si conformano a Cristo (Ilario di Poitiers), sia uomini che donne (Basilio di Cesarea). L'anima di chi è beato non sperimenta il' triplice movimento interno del peccatò (Girolamo), una corruzione crescente (Eusebio di Cesarea), uno schema che ripete la caduta di Adamo nell'anima dell'individuo (Cassiodoro). Pertanto i peccatori si abbandonano a vane fantasie, poiché rifiutano Dio (Ilario di Poitiers), seguendo il diavolo (Didimo il Cieco) e i loro istinti naturali (Ilario di Poitiers). Il risultato finale è una persistenza duratura nel male (Basilio di Cesarea), una complicità con i poteri terreni (Clemente Alessandrino) e il contagio è continuo delle cose umane (Ilario di Poitiers'). Chi è beato si delizia della legge, esprimendo obbedienza sincera (Girolamo), motivata non dalla pàura, ma generata dalla volontà (Ilario di Poitiers). Attraverso una continua meditazione sul Verbo di Dio, una persona è formata dal Verbo (Teodoro di Mopsuetia). Come la meditazione porta all'azione (Ilario di Poitiers), ciò che era stato distrutto da Adamo viene ricostruito (Arnobio il Giovane).

La continua meditazione porta la benedizione del Signore (Origene). Il credente è illuminato dallo splendore di Dio (Atanasio di Alessandria). Di conseguenza la meditazione del Verbo deve essere preferita ad altre attività (Cesario di Arlcs). Da un punto di vista pratico un momento di pace, come quello offerto dalla sera, è il più vantaggioso per la meditazione sul Verbo (Niceta di Remesiana), e la meditazione è spesso aiutata dalla conversaziòne e dalla scrittura (Agostino). Chi è beato è come l'albero della vita e della conoscenza (Ilario di Poitiers), cioè è come Cristo (Girolamo). La volontà è impiantata su Dio (Sahdona), capace di portare frutto grazie allo Spirito (Teodoreto di Ciro). Le foglie e i frutti sono le parole e il significato ·della Scrittura (Didimo il Cieco, Girolamo). Il frutto si può anche interpretare come fede e opere (Giovanni Darnascenò), o sapienza (Metodio di Olimpo) nella vita di un cristiano, o come le chiese che Cristo ha fatto sorgere nel mondo (Agostino). Si può· anche intendere come l'immortalità (Ilario di Poitiers), la gloriosa resurrezione (Cesario di Arles) del credente. Il malvagio, tuttavia, sarà come polvere (Ilario di Poitiers), privo di sostànza (Girolamo), sospinto da ogni tentazione (Giovanni Crisostomo). Nel giorno della resurrezione non avranno posto fra i giusti (Girolamo), ma piuttosto sorgeranno per essere puniti (Cirillo di Gerusalemme), venendo rì-mandati indietro allo Sheol (Afraate). La ·malvagità, di conseguenza, scomparirà (Girolamo), poiché i malvagi saranno eliminati dalla favorevole conoscenza di Dio (Agostino).

V1a "Beato l’uomo"

L’edifìcio dei Salmi

Quello che le fondamenta rappresentano per una casa, la catena per una.nave, e il cuore pèr un ·corpo vivente, questo breve proemio rappresenta per l'intero edificio dei Salmi. Infatti il salmista aveva l'intenzione di esortare a sopportare le angosce, grondanti di sudore e di fatica. Con questo proemio ha mostrato a coloro çhe lottano per la pietà il fine beato, affinché nella speranza dei beni futuri noi sopportiamo-i dolori della vita senza remora.

(Basilio di Cesarea, Òmelie sui Salmi l, 5)


Il prestigio della corona

 

Che inizio adatto e opportuno! Quelli che hanno avuto l'incarico e reclamizzare

qualche solenne competizione, mettono. bene in_ vista il premio, magnificano il prestigio

della corona, perché i concorrenti affluiscano còn maggiore slancio e gareggino con più volenteroso impegno. ·Così il nostro Signore Gesù, per incentivare la virtù dell'uomo, ha .messo bene in vista la gloria del regno dei cieli, la bellezza di un riposo perenne, la felicità della vita ·eterna.

(Ambrogio, Commento a dodici Salmi 1, 13)

 

L'assimilazione all'Essere vero

La fedeltà è il ·fine della vita virtuosa. Infatti tutto ciò che si compie con sollecitudine ha un preciso rapporto con un oggetto determinato; e come l'arte medica mira alla salute e il fine dell'agricoltura è di procacciare i mezzi di sussistenza, così anche l' acquisizione della virtù mira allo scopo per cui chi vive conformemente ad essa sia felice. Questa è la somma e il fine di tutto ciò che si concepisce secondo il bene. La natura divina potrebbe essere detta a buon diritto incarnare in senso vero e proprio quello che è insito e pensato in questo elevato concetto. In questo modo il grande Paolo definisce Dio, ponendo la beatitudine al primo posto fra tutti gli attributi teologici, esprimendosi con queste parole in una delle sue lettere: Il beato e solo potente, il re dei re e signore· dei signori: che unico possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile, che nessun uomo vide né può vedere, a cui vanno eterno onore e potenza(1 Tm 6, 15-16)Tutti questi alti concetti riguardo al divino; almeno secondo il mio ragionamento, sono per così dire la definizione della felicità. Infatti, se ad uno –fosse chiesta la natura della beatitudine, non darebbe risposta empia se, seguendo la voce di Paolo, dicesse che può essere definita felicità in senso proprio e primario quella natura che è al di sopra del tutto, mentre la felicità propria dell'uomo è quella che in certa misura si genera e si definisce per partecipazione a ciò che è realmente essere, che è appunto la natura del partecipato.L'assimilazione a Dio è così la definizione della felicità umana.

(Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi 1, 1)


Il vero beato

È distintamente e primieramente beato ciò che è veramente buono, e questo è Dio. Così anche: Paolo, quando vuole menzionare Cristo, dice: Nel nome del Vangelo del Dio beato, il Salvatore nostro Gesù Cristo (cf. 1Tm11eTt2, 13). È allora veramente beato ciò che è bene di 'per sé, verso cui tutti si rivolge, a cui tutto tende, di una natura immutabile; colui che ha una dignità sovrana, una vita impassibile, un’esistenza senza dolore, in cui non esiste alterazione, cui non si addice alcun mutamento, una fonte sgorgante, una carità eccelsa, un tesoro inesauribile. Purtroppo uomini ignoranti, legati al fattore esteriore delle cose, non conoscendo la natura del vero bene, spesso stimano tanto cose di nessun valore, con riferimento per esempio alla ricchezza, alla salute, alla vita esteriore.

Nessuno di questi però è un vero beato per propria natura; non solo perché è in grado di mutarsi facilmente nel suo opposto, ma perché soprattutto non può rendere buono chi lo possiede. Chi infatti può essere reso giusto dalla ricchezza? Chi saggio dalla salute? Accade piuttosto il contrario: ciascuno di questi beni può divenire, nelle mani di chi ne fa un cattivò uso, uno strumento di peccato. Beato allora colui che possiede dei beni veramente degni di ·stima, che gode di beni che non possono essergli portati via.

(Basilio di Cesarea, Omelie sui Salmi 1,6)

“Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi” v,1b

Cristo non siede con gli empi Beato l'uomo che non va secondo il consiglio degli empi: queste parole vanno riferite a Nostro Signore Gesù Cristo, cioè all'Uomo del Signore. Beato l'uomo che non va secondo il consiglio degli empi, come l'uomo terrestre il quale acconsentì alla donna ingannata dal serpente, trasgredendo in tal modo ai precetti divini. E nella via dei peccatori-non si ferma: poiché se Cristo è realmente passato per la via dei peccatori, nascendo come i peccatoti, non vi si è fermato dato che non lo hanno trattenuto le lusinghe del mondo. E' sulla cattedra di pestilenza non si siede: ossia non ha ambito per superbia un regno terreno. Giustamente la superbia è definita cattedra di pestilenza, in quanto non vi è quasi nessuno alieno dalla passione del potere e che non aspiri a una gloria umana: e la pestilenza non è dal canto suo che una malattia largamente diffusa e che coinvolge tutti, o quasi tutti. Tuttavia, in senso più pertinente, si può intendere con cattedra della pestilenza anche una dottrina perniciosa, il cui insegnamento si diffonde come un tumore maligno. È poi degna di considerazione la successione delle parole: va; si ferma, si siede.

L’uomo se ne è andato quando si è allontanato da Dio; si è. fermato quando si è compiaciuto nel peccato; si è seduto quando, appesantito dalla sua superbia, non ha più saputo tornare indietro, se non fosse stato liberato da colui che noti è andato secondo il consiglio degli empi, non si è fermato sulla via dei peccatori, non si è seduto sulla cattedra della pestilenza.

(Agostino, Esposizioni sui Salmi 1,1)

 

 Le benedizioni di Cristo

Il nostro Salvatore, invece, che fa beati molti, proferisce al plurale le sue beatitudini. Ma poiché di tutti egli per primo dovrebbe essere detto beato, anche a lui si potrà riferire il presente Salmo,dato che si è fatto uomo per la Chiesa, sua sposa: questo sembra suggerire l'espressione ebraica beato l'uomo, per il fatto che aggiunge l' articolo.

(Eusebio di Cesarea, Commento ai Salmi 1, 1)


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