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II DOMENICA DI QUARESIMA - Anno C; Vangelo - Lc 9, 28-36

  II DOMENICA DI QUARESIMA-Anno C

VANGELO SECONDO LUCA  9, 28-36

 
(I Padri della Chiesa commentano il brano della Trasfigurazione di Gesù, dove apparvero ai  suoi lati nella gloria, Mosè ed Elia: la Legge e i Profeti inseparabili dal Vangelo)
Il monte Tabor è dal 1991 protetto da una Riserva naturale e da un Parco nazionale gestiti dalla Israel Nature and Parks Authority. Una rete di sentieri percorre i fianchi del monte. In particolare il sentiero “verde” collega il parcheggio di Shibli alla sommità, traversando la foresta. I diversi sentieri sono cuciti insieme dall’Israel Trail, il sentiero nazionale israeliano che attraversa tutto il Paese.


VANGELO Lc 9, 28-36
28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!". 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.




 
Il monte è alto 588 m; la sommità misura 1200x400 m circa; l’acqua è completamente assente.  Sono state trovate tracce dell’uomo di Neanderthal dall’80.000 al 15.000 a.C. Il luogo era usato come cava e per la fabbricazione di utensili. Sotto il pavimento dell’attuale basilica si trovano tracce di un luogo di culto cananaico (Ti-bi-ra, il dio sumerico dei fabbri).  Nell’AT è menzionata per la prima volta in Gdc 4-5, la battaglia di Debora e Barak contro Sisara, re di Hazor (1125 a.C.). I carri cananei furono arrestati dal fango proprio sotto le pendici del Tabor dal quale furono caricati dalle truppe israelite. Il profeta Osea (Os 5,1) menziona la presenza di culti idolatri sulla vetta del Tabor. Ger 46,18 descrive la venuta di Nabucodonosor paragonandolo alla maestà del Tabor e del Carmelo. Il Sal 88,13 associa il Tabor all’Hermon (che "cantano il tuo nome"). Ancora oggi in un inno di Shabbat (Havdalah) si canta che la giustizia di Dio è come il Tabor. Nella tradizione giudaica è uno dei quattro monti santi (insieme all’Hermon, al Carmelo e al Sinai).  La tradizione, che lega il Tabor alla Trasfigurazione è di origine bizantina (Origene e Eusebio di Cesarea) e risale al III sec. d.C; la decisione è di Cirillo di Gerusalemme nel 348, ma il pellegrino di Bordeaux (333) pensava al Monte degli Ulivi quale luogo della Trasfigurazione..   La porta del Vento Segna l'entrata alla piattaforma (1.200 m X 400 c.) che costituisce la vetta del Tabor. Dopo la sconfitta del regno latino a Hattin i cristiani dovettero evacuare il monte che i musulmani fortificarono costruendovi un poderoso muro di difesa; la Porta del Vento (Bab el-Hawa) era l'unica entrata alla fortezza. La strada attuale passa ancora per questa porta. (Descrizioni tratta da gliscritti.it)

Il Tabor è infatti un monte sacro per gli Ebrei. Il re David, nel salmo 89, lo accosta all’Ermon per celebrare la lode di Dio: “Il Tabor e l’Hermon cantano il tuo nome”. E ricorda anche la vittoria che Barak, per consiglio della profetessa Debora, vi riportò contro l’esercito di Sisara (Giudici 4, 6-16). Montagna “sacra” il Tabor lo è anche per i cristiani, che, per antichissima tradizione, vi localizzano l’episodio della trasfigurazione di Gesù.



La dipartita di Gesù, che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme, indica la sua morte, risurrezione e ascensione. Questo Gesù, Figlio e servo, deve essere ascoltato da tutti (Cirillo di Alessandria). L’ottavo giorno, nel quale avviene la trasfigurazione, preannuncia la risurrezione, che avviene anch'essa nell'ottavo giorno. Pietro, Giacomo e Giovanni, che salgono sul monte insieme a lui, sono i figli della Chiesa, perché essi arriveranno a vedere il trionfo di Dio sulla croce e vedranno la gloria della risurrezione per la purezza della loro fede (Ambrogio).

Mosè ed Elia appaiono sul monte con Gesù e i discepoli come le colonne che erano i due testimoni sul monte Sinai (Cirillo di Gerusalemme). Rappresentano la Legge e i Profeti, e Gesù, il Verbo di Dio, appare in mezzo a loro per mostrare che egli è il Signore dei profeti (Efrem Siro). Solo Luca riporta il contenuto della loro conversazione: il mistero della dipartita di Gesù che doveva compiersi a Gerusalemme (Beda). Anche se stanno dormendo, i discepoli sono in grado di percepire la gloria di Dio. La grande devozione di Pietro per Gesù, Mosè ed Elia aspirava a costruire tre tende, anche se nell'ignoranza della sua umanità egli non comprendeva che degli esseri umani non possono costruire una tenda per Dio (Ambrogio).

Per Pietro, che vede la gloria di Gesù, di Mosè e di Elia, il regno di Dio è già venuto (Cirillo di Alessandria). La nube che li avvolge non li copre di umidità ma di fede, perché credano che Gesù è il Figlio di Dio (Ambrogio). La voce del Padre assicura loro, proprio prima che Gesù si volga alla sua passione a Gerusalemme, che il Padre è coeterno al Figlio (Beda). La grande teofania della trasfigurazione di Gesù ci fa cogliere uno spiraglio del mistero della futura vita dei risorti in Cristo (Gregorio di Nazianzo). Il silenzio dei discepoli conferma la loro incomprensione, perché se avessero dovuto dire di aver visto Mosè ed Elia sarebbero stati presi per pazzi. Alcune cose non sono ancora pienamente chiare, ma l'ora verrà, come verrà il nuovo giorno in cui i discepoli predicheranno ancora una volta (Efrem Siro).

 

9, 28-29 Descrizione della trasfigurazione di Gesù

L'ordine del Regno: sofferenza e gloria.

Inoltre, Mosè ed Elia stettero al fianco di Gesù e parlarono fra loro della dipartita che egli stava per compiere a Gerusalemme, come è scritto. Questo indicava il mistero dell'economia della carne e della sua preziosa sofferenza sulla croce. È anche vero che la legge mosaica e la parola dei santi profeti prefiguravano il mistero di Cristo. La legge di Mosè lo prefigurava con tipi e figure, dipingendolo come in un'immagine. I santi profeti in modi diversi avevano da tempo proclamato che al tempo dovuto egli sarebbe apparso, a nostra somiglianza, per la salvezza e la vita di tutti noi, pronto a soffrire la morte sul legno della croce. Mosè ed Elia, che stavano davanti a lui e parlavano fra loro, erano come una sorta di rappresentazione. Questo ha mostrato eccellentemente che il nostro Signore Gesù Cristo ha come sua guardia la Legge e i Profeti, come preannunciato da quello che avevano proclamato in reciproco accordo in precedenza: le parole dei profeti non sono diverse dall'insegnamento della Legge. Immagino che fosse di questo che il grande sacerdote Mosè e il più illustre dei profeti, Elia, parlavano fra loro.

(Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 51)

 

Gli otto giorni prefigurano la risurrezione.

E affinché tu sia certo che Pietro, Giovanni e Giacomo non gustarono la morte, essi meritarono di contemplare la gloria della risurrezione; infatti solo questi tre egli prese con sé a un di presso dopo questi discorsi, trascorsi otto giorni, e li portò sul monte. Com'è che Luca dice: Trascorsi otto giorni dopo questi discorsi? Non sarà forse perché colui che ascolta le parole di Cristo e crede vedrà la gloria di Cristo quando vi sarà la risurrezione? La risurrezione avviene nell'ottavo giorno, per cui anche molti Salmi sono intitolati nell'ottava (Sal 6, 1; 11, 1). Oppure forse, per farci vedere che, avendo detto che chi perderà la propria vita per la Parola di Dio la salverà (cf. Lc 9, 24), Egli vuole compiere le sue promesse al momento della risurrezione. Però Matteo e Marco riferiscono che costoro furono da lui presi dopo sei giorni (cf. Mt 17, 1; Mc 9, 2).

Quanto a questo particolare potremmo commentare: dopo seimila anni – mille anni agli occhi di Dio sono come un sol giorno (Sal 89, 4 - Settanta) - tuttavia si contano ben più di seimila anni; e allora preferiamo intendere i sei giorni simbolicamente, poiché in sei giorni furono create le opere del mondo: in tal modo, nel tempo intendiamo le opere e, nelle opere, il mondo.

(Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 7, 6-7)

 

Pietro, Giacomo e Giovanni sono i figli della Chiesa.

Ma tre soltanto, e tre eletti, sono portati sul monte. [... ] E questo probabilmente perché nessuno può vedere la gloria della risurrezione, eccetto chi avrà custodito integro il mistero della Trinità con l'incorruttibile schietteza della fede. Salì Pietro, il quale ricevette le chiavi del Regno dei cieli (cf. Mt 16, 19), Giovanni, a cui è affidata la Madre (cf. Gv 19, 27), Giacomo, che per primo ascese al trono regale dell'episcopato.

(Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 7, 9)

 

9,30-31 La conversazione di Gesù con Mosè ed Elia

Mosè ed Elia sono i due testimoni del monte Sinai.

È stata una novità per voi sentirci annunziare un Dio disceso fra gli' uomini, quando voi affermate che Abramo accolse come suo ospite il Signore (cf. Gn 18,3)? È una novità il nostro annunzio, se Giacobbe già disse: Ho visto Dio faccia a faccia; eppure la mia vita è rimasta salva (Gn 32, 30)? Il Signore che mangiò da Abramo (cf. Gn 18, 8), mangiò anche tra di noi: è strana questa novità che vi annunziamo? Ma abbiamo ancora due testimoni, i due ché avendo potuto restare alla presenza del Signore sul monte Sinai – Mosè riparandosi nella fenditura di una rupe (cf. Es 33, 22) ed Elia riparandosi all'ingresso di una spelonca (cf. 1 Re 19, 13) -furono presenti alla trasfigurazione sul monte Tabor, e poi riferirono ai discepoli quanto avevano sentito circa la sua dipartita a Gerusalemme.

(Cirillo di Gerusalemme, Le catechesi 12, 16).

 

Signore dei profeti.

Mosè ed Elia apparvero dietro di lui perché essi potessero sapere che egli era il Signore dei profeti. Egli ha trasfigurato il suo volto sulla montagna prima di morire perché essi non dubitassero della trasfigurazione del suo volto dopo la risurrezione. Egli ha cambiato le vesti che indossava perché potessero sapere che sarebbe stato ancora lui a far risorgere alla vita il corpo del quale era rivestito. Egli, che dava al suo corpo una gloria che nessun altro può raggiungere, può risuscitarlo alla vita dalla morte che tutti assaggiano.

(Efrem Siro, Commento al Diatessaron 14, 8)

 

Solo Luca riferisce il contenuto della conversazione.

Quali siano apparsi e che cosa abbiano detto con lui, lo scrive con più chiarezza Luca quando dice: Apparvero Mosè ed Elia nella loro maestà e parlavano della sua dipartita che si sarebbe realizzata a Gerusalemme. Perciò Mosè ed Elia che sul monte parlarono con il Signore della sua passione e risurrezione significano le predizioni della Legge e dei Profeti che si sono realizzate nel Signore. [...] E giustamente Luca dice che quelli apparvero nella loro maestà, poiché allora si vedrà più apertamente con quanto decoro di verità siano stati proferiti i discorsi divini, non solo quanto al senso, ma anche quanto alla forma. In Mosè ed Elia si possono anche comprendere tutti quelli che regneranno con il Signore. [...] A costoro ben si adatta che Mosè ed Elia apparvero nella loro maestà: infatti l’eccellenza della maestà indica l'entità del premio del quale saranno insigniti. Concorda anche il fatto che essi parlavano della dipartita di Gesù, che si sarebbe realizzata a Gerusalemme, perché unica materia di lode per i fedeli diventa la passione del Redentore, e quanto più essi tengono a mente che non si possono salvare senza la sua grazia, tanto più forte conservano sempre in petto la memoria di questa grazia e l'attestano con devota confessione.

(Beda, Omelie sul Vangelo 1, 24)

 

9, 32-35 La risposta di Pietro e la voce dal cielo

I discepoli vedono la sua gloria anche nel sonno.

Pietro vide questa ricchezza, la videro anche quelli che erano con lui, benché fossero oppressi dal sonno. Infatti lo splendore senza confini della divinità soverchia i sensi del nostro corpo. Se già la potenza visiva corporea non riesce a sopportare un raggio di sole in faccia agli occhi di chi guarda, come potrebbero le nostre membra corrotte sostenere la gloria di Dio? Perciò nella risurrezione viene costituito uno stato corporeo tanto più puro e sottile, quando ormai è stata annientata la materialità dei vizi. E proprio per questo, forse, essi erano oppressi dal sonno, per poter vedere, dopo il riposo, la bellezza della risurrezione. Perciò, allo svegliarsi, videro la sua maestà: nessuno che non sia sveglio vede la gloria di Cristo (cf. Lc 12, 37).

(Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 7, 17)

 

Lo zelo inopportuno di Pietro.

E’ bello per noi, egli disse, stare qui - per lo stesso motivo scrive anche quell'altro: Partire per essere con Cristo è molto meglio (Fil l, 23) - e, non contento di aver espresso la sua contentezza, si distingue dagli altri non solo per il sentimento affettuoso, ma anche per la generosità delle opere e, per costruire tre abitacoli, quel lavoratore infaticabile promette il servizio della comune dedizione. E sebbene non sapesse quello che diceva, tuttavia prometteva un atto di amore: non era una storditaggine irriflessiva, ma una generosità tempestiva, che accresce così i proventi delle sue premure. Infatti, il non sapere era proprio della sua condizione, ma il promettere della sua devozione. Però la condizione umana non ha la capacità di costruire un'abitazione a Dio in questo corpo corruttibile, destinato alla morte.

(Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 7, 18)

 

Pietro pensava che il Regno fosse già venuto.

L'economia era ancora all'inizio e non ancora compiuta. Come poteva essere giusto per Cristo abbandonare il suo amore per il mondo e recedere dal suo proposito di soffrire per esso? Sottoponendosi alla morte nella carne e distruggendo la morte con la risurrezione dai morti egli ha redento tutto sotto il cielo. Pietro per questo non sapeva quello che diceva.

(Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 51)

 

La nube sparge la fede sui discepoli.

Mentre diceva questo venne una nube e li avvolse con la sua ombra. Siffatto avvolger d'ombra è proprio dello Spirito Santo: esso non annebbia i sentimenti dell'uomo, ma mette in luce le realtà nascoste.

Lo si trova anche in un altro punto quando l'angelo dice: E la potenza dell'Altissimo ti adombrerà. E si indica quale ne sia l'effetto quando si ode la voce di Dio che dice: Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo.

Cioè: non è Elia il figlio, non è Mosè il figlio, ma questi è il figlio, che vedete solo: quelli infatti erano scomparsi, quando cominciò a essere designato il Signore [...], è una nube luminosa, che non ci inzuppa di acque piovane o con il precipitar di roridi acquazzoni; da essa invece s’è fatta sentire la voce di Dio onnipotente e una rugiada imperlò con la fede lo spirito degli uomini.

(Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 7, 19-20)

 

La voce del Padre garantisce ai discepoli che Gesù è coeterno.

(Il Padre) non vieta infatti di ascoltare Mosè ed Elia, cioè la Legge e le profezie, ma fa capire a tutti costoro che si deve preferire l'ascolto del Figlio che è venuto ad adempiere la Legge e i Profeti, e comanda di anteporre la luce della verità del Vangelo a tutti i simboli e all'oscurità dell'Antico Testamento. Con provvidenziale disposizione viene rafforzata la fede dei discepoli perché non vacilli, a causa della crocifissione del Signore, perché nell'imminenza della croce si dimostra come la sua umanità sarebbe stata sublimata dalla luce celeste in virtù della risurrezione; e la voce del Padre attesta che il Figlio è per divinità coeterno a lui, perché al sopraggiungere dell'ora della passione quelli si dolessero meno della sua morte, ricordando che era sempre stato glorificato da Dio Padre nella divinità colui che, subito dopo la morte, sarebbe stato glorificato nell'umanità. Ma i discepoli che, in quanto carnali, erano ancora di debole consistenza, udita la voce di Dio, per timore caddero faccia a terra. Il Signore perciò, autorevole maestro in tutto, li consola parlando loro e toccandoli li fa alzare.

(Beda, Omelie sul Vangelo 1, 24)

 

Gesù ci introduce ai misteri del futuro.

Quest'essere, infatti, che ora tu disprezzi, vi fu un tempo che era al di sopra di te: quello che ora è uomo fu anche un essere non composto. Orbene, quello che era, rimase, mentre assunse quello che non era. All'inizio era senza causa: qual è, infatti, la causa di Dio? Ma successivamente ebbe origine da una causa, e questa causa fu il voler salvare proprio te, che l'oltraggi, che proprio per questo disprezzi la natura divina del Figlio, perché accettò di prendere su di sé la tua grossolanità carnale, unendosi alla carne per mezzo dell'intelletto intermediario: divenne Dio l'uomo terreno, poiché si fu unito a Dio, che fu fatto un solo essere in quanto l'elemento migliore ebbe il sopravvento, affinché io potessi diventare Dio tanto quanto Dio divenne uomo.

[...] Non aveva forma né bellezza (Is 53,2) agli occhi dei Giudei, ma per Davide era perfetto nella bellezza al di là di tutti i figli degli uomini (Sal 44, 3), e inoltre risplendette sulla montagna e divenne più luminoso del sole, introducendoci ai misteri del futuro.

(Gregorio di Nazianzo, Orazione 29, 19)

 

9, 36 Il silenzio dei tre discepoli

I discepoli tacciono per non essere giudicati pazzi.

Si sarebbe detto loro: «Sapete da dove è venuto Elia?»; Eretico: «Guardate, Mosè è stato sepolto e nessuno è riuscito a trovare la sua tomba». Ci sarebbero stati bestemmia e scandalo a causa di questo.

(Efrem Siro, Commento al Diatessaron 14, 10)








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