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Vangelo Lc 6,39-45 - VIII DOMENICA del T.O Anno C-

Vangelo Lc 6,39-45



La bocca parla dalla pienezza del cuore.

 Vangelo Lc 6,39-45

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.

Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.

Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.

L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore».

 

 C'è una transizione naturale fra la proibizione al giudicare e le parabole che seguono, poiché illustrano quello che Gesù stava dicendo. Il giudizio indebito e la critica portano all'ipocrisia e non devono essere tollerati (Cirillo di Alessandria). I frutti di ciascuno, cioè le azioni e le parole, rivelano il carattere di una persona e lo stato del suo cuore (Cirillo di Alessandria).

Il tabernacolo e il tempio dimostrano come solide fondamenta siano necessarie per un edificio solido, perché entrambe queste costruzioni servono come immagine della Chiesa universale.

È difficile giudicare i pensieri e le intenzioni di qualcuno, perché sono determinati dalla disposizione del cuore; un'azione più modesta produce una grande ricompensa e un fatto più significativo una ricompensa inferiore, come dimostra l’esempio degli ipocriti che chiamano Signore, Signore (Beda il Venerabile).

 

6, 39-42 Vista e cecità

Le parabole illustrano l'insegnamento di Gesù. Ha aggiunto questa parabola come la più giusta conseguenza a quello che aveva detto. I beati discepoli stavano per diventare gli iniziatori e i maestri del mondo: dunque era necessario per loro dimostrarsi in possesso di tutti i requisiti della pietà. Devono conoscere il sentiero del modo di vita evangelico ed essere operai pronti per ogni buona opera. Devono essere capaci di donare ad ascoltatori di buona istruzione l'insegnamento corretto e salvifico che rappresenta esattamente la verità. Devono fare questo, avendo già prima ricevuto la loro vista e una mente illuminata dalla luce divina, altrimenti sarebbero ciechi a guida di ciechi. Non è possibile per coloro che sono avvolti dalle tenebre dell'ignoranza guidare alla conoscenza della verità quelli che sono afflitti nello stesso modo. Se ci provassero, entrambi cadrebbero nel fosso della trascuratezza.

Egli ha rovesciato la passione dell'orgoglio e del vantarsi, che deve cedere il passo, in modo che essi non si sforzino invidiosamente di superare i loro maestri in onore. Ha aggiunto: Il discepolo non è da più del maestro. Anche se qualcuno fa progressi tali da arrivare ad una virtù che rivaleggia con quella dei suoi maestri, non si devono porre più in alto del loro livello ed imitarli. Paolo ancora ci soccorre:

Imitate me, come anche io imito Cristo (1 Cor 11, 1).

(Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 29)

 

Gli ipocriti non vedono la trave nei loro occhi

Egli ci aveva già mostrato che giudicare gli altri è profondamente sbagliato e pericoloso; è causa della condanna finale.

Non giudicate, dice, e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati.

Con l'argomentazione conclusiva ci persuade ad evitare anche il desiderio di giudicare gli altri. Prima liberate voi stessi dai grandi crimini e dalle vostre passioni ribelli e poi potrete rendere giusto colui che è colpevole solo di offese minori.

(Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 33)

 

Sono le azioni che rivelano il carattere

Osservate ancora, Cristo comanda che quelli che vengono a noi non debbano essere distinti dal loro abbigliamento, ma da quello che realmente sono.

Dai frutti si conosce l'albero, dice. Per noi sarebbe ignoranza e follia aspettarsi di trovare sui pruni i tipi più pregiati di frutti, come uva e fichi; così è ridicolo per noi immaginare di poter trovare fra gli ipocriti e gli empi qualcosa di ammirevole, come la nobiltà della virtù. [ ... ]

Questo è chiarito anche da un'altra dichiarazione del nostro Signore: l’uomo buono trae fuori dal suo cuore il bene come da un buon tesoro.

Uno che sia differentemente disposto e la cui mente sia preda di frode e malvagità, necessariamente fa uscire quello che è nascosto internamente, nel profondo. Le cose che sono nella mente e nel cuore traboccano e sono gettate fuori dal flusso del discorso che ne sgorga. La persona virtuosa dunque parla di cose che si addicono al suo carattere, mentre uno che sia indegno e malvagio vomita fuori la sua segreta impurità.

(Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 33)

 

Gli esseri umani sono gli alberi; le loro opere i frutti

Ascoltiamo perciò che cosa ci dice proprio il nostro Creatore e Redentore nella lettura del Vangelo, che è stata fatta or ora, riguardo alla costruzione della sua casa, che siamo noi stessi. L'albero buono non fa frutti' cattivi: né l'albero cattivo fa buoni frutti. Il re sapiente cerca alberi buoni e buoni frutti di essi per la costruzione e l'officiatura del suo tempio. Invece in un altro passo dice quale sia la fine dell'albero cattivo: Ogni albero che non fa buoni frutti sarà tagliato e buttato nel fuoco (Mt 3, 10), dove gli alberi sono gli uomini e i frutti le loro opere. Volete sapere quali sono gli alberi cattivi, quali i frutti cattivi? Lo insegna l'apostolo quando dice: Si svelano facilmente le opere della carne che sono: fornicazione impurità dissolutezza idolatria magia inimicizie contese gelosie ira risse discordie sette l'invidie ubriachezze gozzoviglie e altre cose simili (Gal 5, 19-23).

Volete sapere se gli alberi che fanno tali frutti appartengono al regno celeste del re eterno? L'apostolo aggiunge: Riguardo a esse vi avverto, come vi ho già ammonito: coloro che fanno tali opere non avranno in eredità il Figlio di Dio.

Enumera anche i frutti dell'albero buono quando dice: Invece i frutti dello Spirito sono: carità gioia pace pazienza benignità bontà fedeltà dolcezza temperanza (Gal 5, 22-23).

(Beda, Omelie sul Vangelo 2, 25)

 

La disposizione del cuore determina la natura del frutto

L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore, e l'uomo cattivo il male dal suo cuore cattivo. Il tesoro del cuore è l'intenzione del cuore, dalla quale il giudice interiore valuta il provento dell'opera buona. [ ... ]

Ciò il testo spiega subito dopo affermando chiaramente che le buone parole non giovano senza la testimonianza delle opere.

Perché mi chiamate Signore Signore, e non fate quello che dico? Invocare il Signore è dono del buon tesoro, frutto dell'albero buono. Infatti ognuno che invocherà il nome del Signore sarà salvo (cf. Rm 10,13). Ma se colui che invoca il nome del Signore contrasta coi precetti del Signore perché si comporta in modo cattivo, allora è chiaro che ciò che di bene ha fatto risuonare la lingua non è stato tirato fuori dal buon tesoro del cuore: il frutto di tale professione non l'ha prodotto la radice del fico, ma la pianta spinosa, cioè la coscienza deturpata dai vizi e non ricolma della dolcezza dell'amore del Signore.

(Beda, Omelie sul Vangelo 2, 25)

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