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TUTTI I SANTI

 TUTTI I SANTI


Quella di oggi è una festa di fede, di speranza di carità: celebriamo la nostra chiamata alla santità. La presente vita, di battaglia e di sofferenza (cfr. Gb 7,1), un giorno avrà termine anche per noi e finalmente raccolti da tutti gli orizzonti raggiungeremo l'immensa moltitudine di questi nostri fratelli che ci precedettero. 
Essi vengono oggi a svegliarci dalla nostra abitudine accomodante per richiamarci a vivere la stupenda realtà del nostro morire-risorgere nella luce di Cristo, mediante un impegno serio nei doveri del nostro stato, fino a che la notte di questo mondo s'illuminerà dello splendore eterno (cfr. Sal 138,12) e con loro eleveremo il canto di vittoria a Cristo, re glorioso trionfante immortale.

Dal Vangelo secondo Matteo: 5,1-12.



1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:



3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.



Dio che sul monte Sinai


ha dato la Legge a Mosè ora in Cristo Gesù la porta a compimento e allo stesso tempo a superamento promulgando la "legge" dell'amore capovolgimento del mondo. Il regno dei cieli è per i poveri, gli umili, gli afflitti, tutti quelli che con la loro giustizia non sopprimono i comandamenti che sono per sempre, sempre validi eterni come Colui che li ha dati e nell'osservarli si realizza si attua la vita, ma ora in Cristo-Gesù quest'ultimi sono, pur rimanendo nella continuità (unità AT- NT), "nn sono infatti venuto per abolire ma per portare a compimento" (compimento che è pienezza che esce da se stessa, che va oltre e la supera, che è novità pur nella continuità, che è capovolgimento rovesciamento del mondo e della sua logica se così si può dire per far spazio sempre più ed in misura crescente alla logica di Dio che è senza misura nell' amore Lui che misura tutte le cose), oltrepassati sospinti dalla brama di regnare con Cristo. Se adesso nel tempo attendiamo ad un servizio che è una copia e un'ombra delle realtà celesti, tenendo fisso lo sguardo al Modello che si è mostrato sul monte (cfr. Ebr 8,5) nell'eternità entreremo totalmente nella vita di Dio. E' questa l'idea fondamentale del cristianesimo: essere con Cristo nel tempo, per essere con Dio nell'eternità.

 




Propongo questa meditazione di Padre Daniel Ange sulla festa di Tutti i Santi, Loro che hanno fatto proprie vivendole e realizzandole attuandole nelle loro Vite le Parole delle Beatitudini:

Oggi la Chiesa riunisce in una stessa festa tutti i suoi figli giunti al Regno, assolutamente tutti. Non vuole tralasciarne nemmeno uno. I santi proclamati ufficialmente tali hanno già le loro feste durante l’anno. Allora questa è per tutti gli altri.
1) I santi anonimi, avvolti dal manto del silenzio. Quelli di cui non conosceremo mai il nome sulla terra. Quelli che, nascosti agli occhi degli uomini, costituiscono ancora il segreto del Padre.

2) I santi delle nostre famiglie. Non c’è nessuno tra di noi che non abbia dei santi nella sua genealogia. Che lo sappia o no. Io festeggio oggi tutti i miei antenati, o i più vicini: questi nonni o genitori, fratelli o sorelle che mi hanno preceduto nel Regno. Non sono il figlio delle loro lacrime, della loro preghiera, del loro amore? La grazia che ricevo oggi, non è forse in risposta all’amore di una donna sconosciuta, che recita il suo rosario la sera di un lungo giorno di lavoro nei campi? Anche questa è la comunione dei Santi. Sarò degno dei santi della mia famiglia?

3) I santi non dichiaratamente cristiani, semplicemente perché non hanno mai avuto l’occasione di incontrare Gesù, ma che non sono meno salvati da lui. I santi dei popoli pagani (la Bibbia ce ne dà qualche esempio), perché tutti i popoli hanno i loro santi. Quelli che hanno vissuto effettivamente le beatitudini, senza saperne la fonte. Che hanno vissuto il Vangelo, senza poter riconoscere il volto di Gesù nella sua Chiesa, sfigurato come era dalle infedeltà di troppi battezzati. Le frontiere della Chiesa non coincidono per forza con i muri delle nostre chiese. Alcuni aldi “fuori dalle mura” non hanno forse potuto vivere, paradossalmente, nel cuore della Chiesa? Lo sa Dio che vede nei cuori. “Nell’ineffabile presenza di Dio, molti che sembrerebbero fuori sono dentro, e molti che sembrerebbero dentro sono fuori” (Sant’Agostino, De Baptismo, 5, 27).

La festa dei miserabili di oggi: questa festa ce lo rivela: la santità non è sinonimo di perfezione morale. Si può essere naturalmente privilegiati dall’eredità, dalle origini, dall’ambiente familiare, dall’educazione, essere dotati di diverse qualità umane e di virtù naturali al punto di passare per santi, ed esserne ben lungi! Mentre esseri diseredati per natura, dalla psiche ferita e fragile, possono offrire allo Spirito Santo un terreno di prima qualità. Un alcolizzato che, per puro amore, si priva di un solo bicchiere, può fare un atto più eroico di un monaco che fa prodezze di ascetismo.

“Supponendo un’uguale fedeltà innata alla grazia, e dunque un’uguale santificazione nel mistero, vi sono due specie di santi: vi sono i santi dalla psiche disgraziata e difficile, la compagnia degli angosciati, degli aggressivi e dei carnali, tutti quelli che portano il peso di determinismi. Vi sono quelli che non affascineranno mai gli uccelli e non accarezzeranno mai il lupo di Gubbio; quelli che cadono, e cadono ancora; quelli che piangeranno fino alla fine, non perché avranno sbattuto la porta un po’ troppo forte, ma perché commettono ancora quella colpa. V’è l’immensa folla di quelli la cui santità non brillerà mai quaggiù nella loro vita psichica, e non si alzerà che l’ultimo giorno per risplendere infine in perpetuas aeternitates . Sono i santi senza nome.

, di fianco a loro, vi sono i santi dalla psiche felice, i santi casti, forti e dolci, i santi modello, canonizzati e canonizzabili; quelli il cui cuore liberato è grande come le sabbie sulle spiagge del mare, quelli la cui psiche canta già come un’arpa armoniosa la gloria di Dio; i santi ammirevoli che suscitano il rendimento di grazie, nei quali tocchiamo l’umanità trasformata dalla grazia. I santi riconosciuti, festeggiati, i grandi santi che lasciano la loro traccia splendente nella storia” (Padre Beirnaert, “Etudes carmelitaines”, 1951).      Immensa speranza del nostro tempo! Tutti i Santi è la festa dei giovani d’oggi!
Modello di perfezione o figlio del perdono? A nuovi bisogni, santi nuovi. Dio aggiorna il Vangelo: lo Spirito modella nuovi profili. Eccoci entrati nell’era della santità dei miserabiliTempo della grande miseria, tempo della grande misericordia. Le grazie che sembravano riservate ai santi più grandi, eccole riservate ai più piccoli. Vedendo i giovani tanto perturbati, se non traumatizzati, si potrebbe credere: la stoffa umana è ormai a brandelli, non avremo più eroiNon più eroi, ma molti santi. Forse non santi da offrire come esempio di “perfezione”, ma amici di Dio da ricevere come un segno di consolazione. Un santo sarà sempre meno un modello di perfezione, e sempre più un figlio del perdono. Santi che si esiterà forse a canonizzare, ma che Dio non per questo avrà santificato meno. Della razza del buon ladrone.

La bellezza di un santo non è quella di un indossatore, ma quella di un volto ferito: la santità si misurerà dalla vulnerabilità. Poiché ecco che tutto è rovesciato. Più un uomo porta un handicap pesante, più questo stesso peso lo trascina nel fondo del cuore di Dio. E questo stesso peso è la sua gloria. Più un essere è ferito dalla vita, più è amato da Maria. Più è rifiutato dagli uomini, più è protetto da Dio. Tanto più ferito, tanto più amato.
Anche se non lo sa, è così. Tristezza infinita se non lo sa. Felicità indicibile se lo sa. Chi dunque griderà questo messaggio di folle speranza nel deserto del nostro mondo, atrocemente sottoalimentato, privo del nutrimento più elementare, privo del latte materno?

Avevo scritto: “Dio trasforma i difetti psicologici, le ferite affettive, in grazie di purificazione passive ed attive”. Aggiungo: Dio fa diventare delle fonti queste stesse ferite. Tante più ferite, tante più fonti. Fonti dello Spirito Santo per il nostro mondo. Fonti di guarigione per la nostra umanità malata. Sono i più malati tra i suoi figli che diverranno i medici dei popoli. Gli orfani del nostro mondo diverranno i rivelatori del Padre. I giovani sono i primi a contrarre le malattie del nostro fine secolo. Tutto il male che attraversa la nostra umanità li colpisce in pieno. Troppo fragili per sopportare il colpo, essi cadono e soccombono: “Noi abbiamo a che fare con giovani che hanno pagato in anticipo il prezzo dei colpi che non hanno meritato, hanno subito ogni sorta di traumi senza esserne responsabili” (card. Lustiger).

Vittime, sì, ma innocenti! Se solamente potessero sapere che qualcuno li ha preceduti in questo cammino di innocenza schernita. Qualcuno che dà un senso a questa gigantesca quantità di sofferenza, che al di fuori di lui non può che schiacciare. Ma anche di questo essi non dubitano. Noi non sappiamo, non osiamo dire, scusate!,……. rivelare loro: “Voi siete gli agnelli che portate il peccato del mondo, ma per toglierlo. Voi siete innocenti del male, ma salvatori del mondo. Ad una condizione: semplicemente, accogliere questo nella vostra vita!”.
Sì, coloro che il male metterà in croce saranno coloro che l’amore avrà segnatoLa gioia di Dio: luce a fior di terra, giacimento fantastico, ancora così poco sfruttato! Le nostre città sono popolate da molti più santi che assassini. Ed anche gli assassini possono diventare santi, poiché il primo canonizzato – e da Dio stesso! – lo era senza dubbio: il bandito crocifisso di fianco alla luce. Scoprendovi il suo Re e il suo fratello.

Mettiamoci dunque a risvegliare la santità. Presso chiunque: i bambini, i giovani, i poveri, tutti, tutti… Perché, alla fine, che cos’è la santità, se non la felicità? La semplice felicità di esistere! Come essere felici senza rispondere, corrispondere alle preferenze, al sogno di amore del Signore su di me? Come essere pienamente me stesso, senza coincidere con questo sguardo laser, che non cessa di posarsi su di me?
Chi dunque è più felice di un santo? La piccola Chiara di Castelbajac osava gridare: “Amo talmente la vita! Vi rendete conto di quanto sono felice? Talmente felice che se morissi ora credo che andrei diritta in cielo… Sono in una beatitudine finora mai sperimentata! È incredibile che io sia così felice, a causa di tutto, e nonostante tutto. Imparo dall’esperienza che c’è sempre una felicità più profonda di quanto si creda”. Felicità contagiosa: “Ho voglia di rendere tutti felici: questa dev’essere la gioia dei figli di Dio”. E queste parole folgoranti scarabocchiate nella Terra Santa: “Credo di essere stata scelta da Dio per essere la più felice della mia generazione” (23 settembre 1974). Quattro mesi più tardi entrava per sempre nella gioia del Signore. Aveva ventidue anni.

La Chiesa sceglie oggi come Vangelo l’inno alla gioia, composto, suonato, cantato su una collina di Galilea sulla riva del lago. Carta della santità, questo canto di otto strofe. Un solo ritornello: Beati! Beati! Beati! E chi canta? Colui che è la gioia stessa del Padre, la gioia dei poveri.
Un autoritratto: egli vi ha disegnato il proprio volto. Chi dunque come lui è stato povero, ha pianto, è stato perseguitato? Ma anche: chi più di lui ha consolato, seminato la pace, guarito mille ferite? Otto strofe: i colori dell’arcobaleno in cui si riflette l’unica luce della gloria. Impossibile viverne una senza che tutte le altre seguano. A volte una più di un’altra, ma sempre tutte là, inscindibili. Altrettanti doni dello Spirito Santo. Tutto il cielo (il regno, le lacrime asciugate, il banchetto finale) è già qui, ma con tutto ciò che dobbiamo vivere sulla terra (la povertà, le lacrime, la persecuzione). Cielo e terra si intrecciano uno nell’altra. Un santo: colui il cui cuore si apre al cielo, diventa cielo, diventa regno: presso di lui abita il re.
Inno che ha attraversato i continenti e le generazioni. Che ha affascinato i poveri e i piccoli di tutti i tempi. Che taglia in due la storia del mondo. Che rovescia tutti i valori umani. Formidabile rivoluzione copernicana, che non ha ancora finito di metterci sottosopra.  

(Meditazione di DANIEL ANGEL in Compostella, Messale per la vita cristiana, librairie Arthème Fayard, 1993: 1 novembre Solennità Tutti i Santi).

Concludiamo con l'inno alla città del Signore:

Inno: 

Gerusalemme nuova,



immagine di pace,
costruita per sempre
nell'amore del Padre.

Tu discendi dal cielo
come vergine sposa,
per congiungerti a Cristo
nelle nozze eterne.

Dentro le tue mura,
risplendenti di luce,
si radunano in festa
gli amici del Signore:

pietre vive e preziose,


scolpite dallo Spirito

con la croce e il martirio
per la città dei santi.

Sia onore al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo,
al Dio trino ed unico
nei secoli sia gloria. Amen.

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